“La vera
storia del caso Sme”, sottotitolo del libro, non è il processo Sme, che non si è
mai celebrato. Per “processo Sme” la Procura di Milano ha contrabbandato le
accuse di Stefania Ariosto, il teste Omega della Guardia di finanza, contro
Berlusconi. Per non fare il vero processo Sme, pur sapendo che più reati erano stati consumati nell’operazione poi
fallita. Con l’unico esito di questo libro: 450 pagine fitte, a distanza di
soli dieci anni, di nulla. Anzi, curiosamente berlusconiane, a volerle prendere
sul serio.
Gomez e Travaglio
propongono un Berlusconi Bin Laden e Saddam Hussein. Ma con l’aria di divertirsi
– forse non da goliardi. In copertina è Berlusconi, in “una rara immagine degli
anni Settanta”, con baffi e basettoni da mafioso, che è invece un falso, e già
depone male. Ma non è questa la cosa curiosa, la Procura di Milano si sa come
lavora. La cosa curiosa è che Gomez e Travaglio sono impuniti anche per Berlusconi.
Qui lo accusano di tutto, ma Berlusconi non ha reagito: chi si somiglia si
piglia?
Leggendolo,
quasi a ogni pagina il libro è a doppio taglio. Alla seconda si è autorizzati a
pensare che l’intercettazione al bar Tombini di Roma ai primi del 1996 fu disposta
da Boccassini contro la giudice Iannini e il suo capo Squillante perché due
anni prima avevano arrestato De Benedetti per corruzione alle Poste – corruzione
che c’era stata. Alla terza il giudice Greco, che dopo due estati di lavoro
asfissiante è in vacanza in Sardegna a metà luglio del 1995, torna a Milano per
verbalizzare una teste che non sa chi è e cosa vuole ma la Guardia di Finanza
gli garantisce che ha rivelazioni su Berlusconi (la teste per un paio di
settimane non parla, ma Greco resta a Milano in attesa paziente). Alla pagina
terza, o quarta, le confessioni ardue dell’agente Omega si evincono costruite
sulle foto di un viaggio di Craxi negli Usa nel 1988. E Omega? “Eccentrica ed
emotiva, coraggiosa ma fragile, con un eloquio tra l’immaginifico e l’onirico”.
Trascurando quello che non si può tacere, la ludopatia e i debiti. Tacendo il
suo poi conclamato vezzo di contrattare ogni “rivelazione”. Col dubbio se sia
una contessa, se abbia dei figli e dove, se ha avuto una vita avventurosa in
Africa – l’ha avuta: ma perché privare la storia di tanti particolari piccanti?
Alla quinta
o sesta pagina l’agente Omega va poi in vacanza col fidanzato che ha l’ha appena
usata per denunciare i suoi nemici – così dice lei a Greco. Va scortata da
“diversi uomini, baschi verdi della Guardia di finanza che la seguono anche per
mare”. Ufficialmente, dice la Guardia di finanza, per proteggerla dalle minacce degli usurai, mentre
Gomez e Travaglio dicono che la minaccia era di Berlusconi. Ma uno storico che
dovesse usare il corposo libro non avrebbe dubbi su cosa gli autori intendono. La
Guardia di finanza non ha perseguito gli usurai che minacciavano la teste. La stessa
prosa è confidenziale - “per la bisogna”, etc.
Il processo
parte in tromba quando a Greco subentra Ilda Boccassini. E si concluderà con
una serie di assoluzioni per Berlusconi, tutte a Milano – successive al libro
(ma è un male: Gomez e Travaglio non se ne sarebbero avvantaggiati?). E con una
serie di condanne, sempre a Milano, per i complici di Berlusconi, che però sono
giudici e avvocati romani – sentenze poi cassate per difetto di giurisdizione.
Tutto congiura alla congiura.
Peter
Gomez-Marco Travaglio, Lo chiamavano
impunità, remainders, pp. 444 € 4,95
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