lunedì 24 febbraio 2014

Secondi pensieri - 166

zeulig

Divinità – È un concetto – con quelli correlati dell’ascesa, la freccia, lo sviluppo.
È anche una “misura” della storia, in senso etico o solo eulogico. Senza, la storia di disanima.

Eternità – Vive del brivido dell’effimero. 
È inimmaginabile perché se ne presuppone un inizio – di dice: “per l’eternità”. Tutte le dottrine dell’immortalità hanno un inizio - sono dottrine dell’inizio.
È un auspicio, e una promessa. Parte della speranza.

Materia - È figlia dello spirito. E consustanziale: se lo spirito per ipotesi morisse, anche la materia.
La natura ha bisogno dell’uomo, altrimenti inerte.

Nulla - Kant lo rinchiude in una breve nota alla breve appendice, “Dell’anfibolìa dei concetti di riflessione”, alla “Critica della ragione pura”. Ma questa nota articola in quattro concetti, che organizza in una tavola:
Nulla 1. Concetto privo di oggetto, ens rationis – “un concetto senza oggetto, alla stessa stregua dei noùmeni, che non possono esser posti tra le possibilità, benché non debbano per questo venir fatti passare per impossibili...”.
Nulla 2. Concetto privo di concetto, intuizione senza oggetto, nihil privativum  - “la realtà è qualcosa, la negazione è nulla”. 
Nulla 3. “La pura forma dell'intuizione, priva di sostanza…. lo spazio puro o il tempo puro”, ens imaginarium.
Nulla 4. Oggetto vuoto senza concetto, nihil negativum – “l'oggetto di un concetto in contraddizione con se stesso è nulla, poiché il concetto è nullo, è l'impossibile, come si ha nel caso di una figura rettilinea di due lati”.

Dev’essere come dice Pascal, al famoso “pensiero n. 72: “Per arrivare fino al niente ci vuole una capacità non minore di quella che si richiede per arrivare fino al tutto”. Sottinteso: “La capacità dev’essere infinita per l’uno e per l’altro”.

Oggettivo - È anche soggettivo , e viceversa. Hebbel dice il “veramente soggettivo” un ‘altra forma di “oggettivo”, abbracciando i fenomeni dell’esperienza personale. Ma il contrario è più vero.
Un terremoto può essere soggettivo? In parte sì. In senso figurato, per l’apprensione che può indurre, sia che si produca sia che non si produca, diversamente graduata a prescindere dalle distruzioni che ha comportato o comporterà, o non comporterà. E in senso proprio: un terremoto a Osaka forza 6 può essere meno distruttivo di uno a Ferrara forza 4.

Psicologia – Da scienza cognitiva di liberazione è slittata a una forma di deriva. Di decomposizione, e quindi di subordinazione. Ciò fa moltiplicando le vie d’uscite  Dopo l’abolizione della norma. A essa è seguita l’abolizione del ruolo, del tipo, della funzionalità. Aprendo a ogni adattamento, quindi a un massimo di libertà, che però sono vie di fuga, nell’incertezza crescente – l’indistinto è incertezza. Aprendo sì alla libertà totale, nei rapporti individuali, sociali e familiari, nel tessuto mondano e nell’esame di coscienza. Lo stesso psicologo, da demiurgo è passato a guardiano di un gregge brado.

Ragione - Si può muovere da Dilthey e la fine della metafisica: “Il senso e il significato non appaiono che con l’uomo e la sua storia”. Il senso, dirà Heidegger, è il senso dell’essere. A differenza di ogni altro ente, l’uomo intrattiene un rapporto col suo essere, che è l’esistenza. Ma già il Medio Evo l’aveva pensato, nell’haecceitas, la singolarità dell’esistenza: Individuum est ineffabile. Dio anche è ineffabile, come la verità. Dio non esiste in realtà se non filosoficamente – gli altri sanno che esiste. È la filosofia che la fede separa dalla ragione, la scienza dalla fede. Ma Heidegger, arrivato al bordo del nulla, riporta il mistero nella ragione – come Popper nella scienza. Rovesciano la prova di Locke, “non ne sapremo mai abbastanza per affermare che Dio non può infondere il sentimento e il pensiero nell’essere chiamato Dio”, avendo perduto la “fede nella ragione” – noi non sappiamo abbastanza nemmeno della ragione.

Santità – “Grande idea”, dice Hebbel nel “Diario”, “della religione cattolica che gli uomini importanti siano qualcosa agi occhi della divinità, e possano influirvi con la mediazione”. Di più: è santo chi lo vuole. La santità è un esercizio di volontà costante, senza debolezze. Dei forti, san Paolo, sant’Ignazio, come degli umili.

Scienza - È il moto perpetuo – una forma di. Il sapere è creazione di altro sapere. Lo moltiplica. Perché il sapere dovrebbe essere risolutivo (compreso il sapere di non sapere)?. La soluzione sarebbe la fine – lo stato fisico della quiete (una morte, la morte).

Speranza – È del tutto irragionevole.
Niente di più irragionevole, ed ineliminabile.

Suicidio - In antico la colpa portava al suicidio. Poi, con metodo cristiano, al pentimento e alla penitenza.

Ovidio ha l’empio che si sbrana “con morsi spietati” - e “così lo sciagurato le sue membra smagrendo nutriva”. Ma fino a un certo punto evidentemente.
È l’autofagocitazione, come modalità di suicidio, suggestiva e non reale? Non solo Erisittone, ogni uomo morde incontinente se stesso.

I manuali repertoriano il suicidio per protesta, quello conformista, e quello da malinconia.

Fiorì a Cirene di Libia, in tempi remoti, una scuola di filosofia il cui titolare, Egesìa detto Peisithànatos, l’imbonitore di morte, un edonista, era tanto bravo a esporre la bellezza del “darsi vinti” che i suoi allievi, uscendo, andavano a uccidersi - la scuola dovette finire presto. È la rivincita, argomentava Plinio, o Seneca, dell’uomo su Dio, che nella sua onnipotenza resta immobile. Ma Dio non c’entra, spiega Boris Vian: “Dio non ha interesse che per i preti e chi ha paura di morire, non per quelli che hanno paura di vivere” - e del resto “Dio non serve a niente quando è degli uomini che si ha paura”.

Hume, il cui libello Sul suicidio si editò postumo di secoli, la chiesa anglicana non si fidava, annota che si suicidano i Catoni: l’Uticense, la figlia Porcia, il genero Bruto, il killer di Cesare. E opina che suicidarsi è come “costruire una casa, coltivare la terra, navigare gli oceani”, tutte attività dalle quali si teneva alla larga – per Hume, si sa, “il caso è una parola senza significato”, anche se non specifica se una sola parola è casuale, o tutte. La risposta è forse questa, della Logica della ricerca che Popper lascia tradurre Logica della scoperta scientifica, che la soluzione più semplice è la migliore: si può morire per non avere ragioni.

zeulig@antiit.eu

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