Aforisma
– Nell’uso di Nietzsche, la sua parte migliore, non è conoscitivo, né
filosofico. Nemmeno, a ben guardare, consolatorio, e anzi potenzialmente
disperante – per lo stesso Nietzsche lo fu. Specie se in forma apodittica, come
battuta a effetto e non sintesi di incertezze e intuizioni non chiarificabili.
La contemporaneità lo predilige, ma a nessun effetto, se non la
consolazione-passatempo: l’elucubrazione incessante, l’ermeneutica. Oppure,
naturalmente, come teatro: una rappresentazione e non un ragionamento.
Comico – “È la costante
negazione della natura”, dice Hebbel . Ma anche: “La comicità autentica è vera,
cioè fondata sulla natura, eppure non riusciamo a figurarci in natura leggi,
presupposti, che la suscitino e la rendano possibile”. O non perché la comicità
è artificiosissima? Una delle più affinate-raffinate (anche quando è plebea)
espressioni umane. Da cui si evince che il linguaggio non è la cosa – ne è la
prova del nove: il fenomeno non è la cosa.
Dio – Non viene dal
passato ma dal futuro. Malgrado i tanti testi teistici e sacri. È una
prospettiva, non una storia - l’angelo
di Benjamin, se guardasse a Dio, guarderebbe avanti.
In
ebraico, Elohim, è plurale, gli dei.
Resta
da provare, dopo tre o quattro millenni di tentativi. Ma potrebbe essere questa
la sua prova: l’inadeguatezza della ricerca (dei mezzi di ricerca) rispetto
all’esigenza.
La
ricerca da qualche decennio è finita. Ma il mondo non è per questo migliore.
È
la saggezza, conclude Kant, “La fine di tutte le cose”: una “garanzia contro la
stoltezza”. Va creduto, continua Kant, a difesa dall’assurdo, “per quanto gravata da dubbi possa essere la nostra
fede”: “Bisogna credere praticamente a un apporto della saggezza divina nel
corso della natura, a meno di non voler rinunciare del tutto al proprio scopo
finale”.
Heidegger
- In realtà non è andato lontano, dal seminario da dove era partito: “Esse est
Deus”. Ma per arrivarci, diceva Maestro Eckhart, “prego Dio che mi liberi da
Dio”. A ventitré anni era ancora buon cristiano, beneficiario di una borsa
cattolica per addottorarsi. Con Husserl, e la più giovane Edith Stein,
anch’essa ebrea come la fatale Arendt, ma futura monaca. Dopodiché non lo
fecero titolare di Filosofia Cristiana e se la prese. Continuerà ad andare a
Messkirch a messa, nel banco del coro che era suo da ragazzo, lontano dal
pettegolezzo universitario, e a segnarsi inginocchiandosi nelle chiese di
campagna. Ma quando nel 1917 sposò Elfride, studentessa di economia, che era disponibile
a farsi cattolica, benché figlia di colonnello sassone, Martin dispose di non
educare i figli al catechismo. Ha abiurato con Franz Camille Overbeck, il
teologo amico di Nietzsche, e la sua distruzione della teologia. Ha quindi
rimesso in circolo il vecchio camp e la morbida rêverie da adolescente. E non finisce bene:
con la dissacrazione della storia, che il cristianesimo inocula su scala
mondiale, la filosofia regredisce - sant’Agostino fa eccezione perché pagano di
formazione, fu manicheo e forse ariano, tutta Milano lo era.
Lo stesso
rifiuto del mondo si potrebbe dire molto cattolico, nel terribile ventesimo
secolo. Il merito che Hannah Arendt attribuisce ai cattolici, di avere
riorientato la filosofia verso la politica, il mondo com’è, è vero solo di
alcuni, Maritain, Mounier, Del Noce, Schmitt. Altri, Gilson, Voegelin,
Guardini, Pieper, da ultimo papa Ratzinger, hanno rifiutato il mondo, che
appariva e appare loro sotto specie diabolica, della mistica laica, quella che
entusiasta ha voluto la bomba atomica, e i sopravvissuti vorrebbe selezionare –
Hitler senza Hitler. Heidegger sta, indeciso, nel mezzo. Ma queste sono
argomentazioni volgari, storicizzate. Heidegger ripropone il già pensato come
non è stato mai pensato, chiaro perfino: l’uomo ha cessato di capirsi nella
metafisica, l’uomo occidentale, lui vuole ridargli il senso dell’Essere.
Abbandonando
il dogmatismo, e le deformazioni subite al contatto con la filosofia greca, che
si esprimono nella Scolastica, medievale e novecentesca, il Filosofo del nulla
riporta in nuce il cristianesimo.
Quella che sarà la versione contemporanea del cattolicesimo romano, essenziale,
compassionevole, senza orpelli, riscoprendo attraverso Lutero sant’Agostino e
l’escatologia terrena delle lettere paoline. La grazia opera nel fondo
dell’anima, non nelle sue antenne sensibili. Se l’essere è il nulla, si dice,
finisce la metafisica. O non ricomincia? Meister Eckhart, che vi giunse per
primo, era metafisico ultra.
Metafisica
- La metafisica, cioè Dio, è legata al Tempo, due peculiari concezioni
occidentali. Sarà il contributo più decisivo – rapido, fertile, giusto - di
Heidegger, dei suoi 100 e più volumi. “L’Essere è svelato a partire dal Tempo:
il Tempo rinvia allo svelamento, cioè alla verità dell’Essere”. E “la
metafisica in tutte le sue forme e in tutte le tappe della sua storia è sempre
la stessa fatalità, e forse anche la fatalità necessaria dell’Occidente e la
condizione del suo dominio esteso a tutta la terra”.
Oggi che
l’Oriente è con noi, l’Occidente è un po’ meno Occidente, e la cesura non è più
netta. Ma è vero che Einstein ha abolito lo Spazio: “Lo spazio non è niente in
sé, non c’è spazio assoluto. Non esiste che con i corpi e le energie che
racchiude”. E dunque anche il Tempo: “Il Tempo non ha senso, il tempo è temporale”.
E dunque la metafisica rinasce irresistibile.
Un giorno
magari scopriremo che Einstein ha torto, la relatività generale è sempre
indimostrata, e comunque in queste cose - la metafisica, Dio - “ogni
reputazione è un nonsenso. La lotta tra i pensatori è la «lotta amorosa», lotta
che è quella della cosa stessa”.
Nietzsche –
Si potrebbe ben dire platonico. Platone redivivo, per la curiosità onnivora e
sempre viva, e per l’indeterminatezza alla fine dei tanti viaggi, nell’amore,
l’amicizia, l’essere, il linguaggio. Un compagno di viaggio piacevole e anzi
stimolante, cui si è grati perché è brillante, suadente, prodigo. Ma alla fine
inconcludente. Che potrebbe essere una ontologia dell’analogia: dell’irriducibiltià
del mondo, dell’essere. Che si può parafrasare senza racchiuderlo,
rinchiuderlo.
Opinione –“Mi piacerebbe assai leggere il libro italiano, di cui
conosco appena il titolo, e che vale da solo molti libri.”Della opinione regina
del mondo”.Lo sottoscriverei senza conoscerlo”. L’opera è sconosciuta. Ma gli
effetti dell’ “opinione”, cioè del’immaginazione, sono indubitabili, e “fanno”
la realtà. È ben vero peraltro, lo stesso Pascal dice altrove, che “l’impero
fondato sull’opinione e l’immaginazione regna talvolta, e questo impero è dolce
e volontario; quello della forza regna sempre. Così, l’opinion è come la regina
del mondo, ma la forza ne è il tiranno”. O Voltaire: “L’opinione è a tal p’unto la regina del mondo
che quando la ragione vuole combatterla, la ragione è condannata a morte”.
zeulig@antiit.eu
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