venerdì 14 marzo 2014

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (200)

Giuseppe Leuzzi

Gimigliano è remoto nelle cronache dell’incidente ferroviario giovedì 6. I tg non ne danno nemmeno un’immagine. Il paese e la ferrovia per Catanzaro sono invece protagonisti dei ricordi e delle narrative di Mark Rotella, scrittore americano di nome, e del padre, scultore, che a Gimigliano è nato e cresciuto.
Le radici si mettono meglio fuori d’Italia?
Benjamin Constant fa partire il suo tardivo – a cinquant’anni - romanzo di formazione “Adolfo” dalla Calabria. Di cui dà le coordinate con esattezza, benché non ci fosse mai stato - era uno che viaggiava molto, ma solo al Nord, in Germania, in Inghilterra. Il suo alter ego narratore si trova a Cerenza isolato per una minaccia di alluvione del fiume Neto, insieme con uno “straniero” che poi si ammalerà, morirà, e lo lascerà destinatario di un pacchetto di lettere che faranno la storia.
Cerenza esiste (Cerenzia, dall’antica Akerentia), ha tuttora un parco archeologico che attira visitatori, sta presso il Neto, e oggi come ieri i tentativo di far curare l’occasionale amico meglio a Cosenza sarebbe difficile da attuare, essendoci la Sila di mezzo.
Constant faceva bene i compiti? La Calabria non era terra incognita, nel 1816.

Una colonna del “Corriere della sera”. G.A.Stella, tiene desto il Sud (quasi) giornalmente con malefatte piccole e grandi, tra notizie, reportages, corrispondenze, fondi, commenti, opinioni, lettere al direttore. La materia non gli manca, ma gli piace inventarsela. Qualche anno fa ha puntato Pompei, che da allora ha cominciato a crollare. Da qualche tempo punta Agrigento, i templi scricchiolano, dice. Non sarebbe bene puntellarli?
La cucina svedese
Il forno da cucina di una nota ditta svedese di elettrodomestici, che vanta la A della protezione ambientale per i bassi consumi di energia, prevede questi tempi di cottura: fagioli 8 ore, peperoni 6, funghi 8, prugne e albicocche 10 – le mele 6, ma a fette.
Può darsi che la traduzione sia difettosa del libretto delle istruzioni - la solita imprevidenza del management italiano della multinazionale. Ma poi i tempi di cottura sono quelli. Non che si tenti di cuocere al forno i fagioli, converrebbe uscire e mangiare fuori, magari da uno chef rinomato, a 100 euro a cranio converrebbe ancora. Ma è che i tempi di cottura normali, delle vivande normali, un dolce, un arrosto, un pesce, sono perlomeno il doppio di quello che le ricette prescrivono. Un branzino medio quaranta minuti invece di venti, e così via.
Può anche darsi che in Svezia, con l’ambiente e tutto, si faccia spreco di elettricità. O l’elettricità sia gratis – chissà, al Nord tutto è possibile.
È un acquisto incauto. Non è il primo, non sarà l’ultimo, la globalizzazione induce allo spreco, non c’è più l’affidamento – il marchio, il fornitore. Ma sarebbe stato possibile a una ditta italiana vendere in Europa un forno da cucina che ha tempi doppi di cottura fregiandosi della A di ambiente?

Il sottogoverno è al Nord
Il controllo politico del territorio si fa attraverso le “partecipate” pubbliche: aziende (municipali, regionali), consorzi, fondazioni. Ce ne sono 7.712 in Italia – ce n’erano nel 2012 (il censimento è opera del Centro Studi Confindustria). Sono organi di rappresentanza e mediazione politica, di appannaggi piccoli e grandi, e di trasferimenti politici (sovvenzioni, posti di lavoro, consulenze). Tutte insieme, le partecipazioni pubbliche assommavano nel 2012 a 40 mila (39.997 per l’esattezza), e assorbivano una spesa di 22,7 miliardi. Una cifra enorme.
Per oltre la metà, 12,8 miliardi, questa spesa andava a partecipazioni del tutto improduttive. Perlomeno ai fini dell’interesse pubblico: senza rendere cioè alcun servizio, se non quello alla perpetuazione degli stessi enti. Gli enti improduttivi erano il 63,9 per cento del totale.
Cinque sesti delle “partecipazioni” si registravano al Nord: Lombardia 7.496, Piemonte 7.061, Veneto 4.123, Toscana, 3.606, Emilia Romagna 3.479, Trentino Alto Adige 2.610, Marche 1.620, Friuli Venezia Giulia 1.548. Il Lazio, con 1.021 partecipazioni, deteneva il record della spesa, 9,5 miliardi. Seguito dalla Lombardia, con 5,5 miliardi.

La donna del Nord - Storia di Franca
Franca è giovane, piacente, attivissima. Viene ogni tanto  a fare le pulizie in casa, ma sa cucinare, fare il caffè, servirlo al giusto modo. Lo sa fare anche come al Sant’Eustachio  a Roma, e senza troppi trucchi: il segreto del sant’Eustachio… non lo diremo. Lavora rapida e precisa, senza servilismo e senza intromettenza. Prima di prendere i lavori in casa cuciva jeans per un appaltatore, che lavorava per ditte napoletane. Poi l’appalto è finito, il famoso lavoro à façon. O l’appaltatore non sapeva garantire le asole e le cuciture come da capitolato. O semplicemente le-a ditte-a sono-è fallite-a: non è difficile fare l’imprenditore oggi con le lavorazioni esterne, basta un piccolo capitale per fornire le stoffe, e poi, se il prodotto si vende, i lavoranti à façon vengono pagati, altrimenti si chiude lì – e forse nemmeno le stoffe si pagano, si ritirano a credito.
Franca viene spesso accompagnata da un ragazzo di una diecina d’anni, che gioca da solo in giardino, e non le somiglia per nulla, rosso di pelo, massiccio, il viso largo e simpatico. Non parla, al contrario di Franca che è ciarliera, se interpellata, ma è suo figlio. Giovane e tutto, Franca ha già avuto un matrimonio, una dozzina d’anni fa. Un matrimonio da fiaba, dice ridendo, e infelice.
Era andata sposa su nelle Alpi, nel Trentino. Come? Attraverso una commare. Una mezzana: fino a qualche anno fa era una professione, combinare i matrimoni. Che cercava spose giovani e feconde per contadini di montagna che nessuno al loro paese voleva:
- Diventi padrona. Avrai terreni, animali. Lui è un brav’uomo, non lo sposano perché ha qualche anno – Col sottinteso che lassù si vive meglio, la donna è rispettata, eccetera.
E così Francia andò sposa - una di quattro giovani mogli procurate in Calabria dalla commare per montanari delle Alpi. A uno che invece, dice ora:
- Era un nano – un tipo dal tronco forte. Ma la decisione era presa, Franca è una che si governa da sola, fin da ragazza, non ha potuto fare affidamento sui genitori e la famiglia, tutti per un motivo o per l’altro incapacitati, e ci si è messa con perseveranza. Dopo i lavoretti nelle case troverà un’altra sua strada e farà diplomare il figlio. Ma nel primo matrimonio non ce l’ha fatta.
Lavorava praticamente senza interruzioni, dalle cinque del mattino, d’inverno un gelo da levare il fiato, nella puzza delle bestie e del letame. Sarchiare, seminare, falciare, legare, erba, paglia, caricare, scaricare, lavare, mungere, separare, trasportare, lavare di nuovo, spazzare il letame, lavare… Tutto il giorno. Tutti i giorni. Fino alla conclusione inevitabile:
- Quello non voleva una moglie, voleva una lavorante gratis. Che gli facesse qualche figlio. – Ha preso e se ne è andata. Non avendo una casa, è tornata in paese, dai suoi. Ma si sta riorganizzando.
Non se ne può fare una colpa a Franca, che non è sciocca. Vive anche lei, come tutti, tra credenze assunte come ovvie anche se irrelate ai fatti, e dure a morire. C’è questa credenza al Sud, che al Sud la donna sia sfruttata, e al Nord rispettata. Mentre al Nord si è sempre saputo e detto. Nelle parole di Simenon, che come si sa era belga, e ne parla a proposito di sua madre (“Elisa”) e di una sua amica: “La madre van de Waele, le cui gonne pendono sul corpo come attorno a un manico di scopa, ha, come Elisa, un viso impaurito di schiava. Solo gli uomini contano in casa; un solo uomo, il padrone”.

leuzzi@antiit.eu

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