L’ex Pci ora Pd fa di tutto per dare ragione a chi lo critica ab imo, dagli inizi e dalle fondamenta: nel 1948 con la Costituzione e l’art. 7, nel 1946-1947 con la Repubblica e le larghe intese, nel 1945, alla Liberazione, e già prima nella Resistenza. Che lo liquida come un partito di doppiogiochisti, furbi, violenti. Che senza lo stigma del potere si aggirano quali montoni infuriati, menando testate in ogni direzione. Certo, la rapidità con cui fanno la festa a Renzi è impressionante, alla Rai, in Parlamento, nel partito. La protervia residua pure: non si può criticare il Pd, nemmeno in una burla di comici. E non se ne rendono conto – e nessuno glielo rimprovera, gli opportunisti già si lisciano furbeschi le mani.
Si veda alla Rai, su Rai 3. “Ballarò” fa tre ore contro
una legge che il governo non ha ancora varato, nemmeno delineato, con smorfie e
ghigni, e un fuoco di sbarramento di politici, giornalisti, manager, economisti,
sindacalisti, opinionisti, sondaggisti (e comici: questo si può). Lo spettatore
non sa di che si parla, ma sa che è tutto malvagio. Da Fazio Litizzetto
inveisce per mezz’ora, insinua, ammicca, contro il film “La grande bellezza” di
cui il presentatore si era appena fatto bandiera, contro Roma, contro il cinema
italiano, contro i registi e contro i produttori. Gruber, Annunziata e ogni altro
reduce moltiplicano i veleni - dopo aver beneficiato di incarichi e prebende.
Si discute se il “cave signatos” sia evangelico,
ma alla larga dagli sfigati si può e si deve, perché no. Questo comunismo che ha
fallito sembra il sangue di Nesso, corrode chi tocca. Più che un Dio che ha
fallito, sembra il diavolo: ha liberato il male.
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