Un
omaggio, di uno scrittore irlandese che fa il Chandler a Los Angeles,
resuscitando Marlowe. Non proprio in linea: questo Marlowe è sentimentale. E
maleducato, il vero Marlowe si sarebbe alzato dalla sedia e avrebbe fatto il
giro della scrivania all’ingresso di “lei” - “Et
vera incessu patuit Dea”, la salutava Virgilio, una dea appare al’ingresso.
Con un finale sconclusionato, come di chi, alla pagina 300, deve darci un
taglio. Contraddicendo il canone nel suo fondamento: la verosimiglianza
(normalità). Ma la storia fila. Con
l’avventura ovviamente senza seguito di Marlowe e la bella sconosciuta dagli
occhi neri, l’amore non deve lasciare residui. Sull’aneddoto chandleriano
dell’omicidio-suicidio per finta.
Benjamin
Black è il nome d’arte che Banville ha adottato nel 2006, decidendo di scrivere
solo gialli, uno l’anno. Lavori svelti, forse redditizi. Stanco
forse di aspettare il Nobel, che per l’Irlanda, dopo Heaney, arriverà non prima
del 2025. Qui mima Pacific Palisades. Nella voga postmoderna, di rifare il già
fatto. E con l’aria di divertirsi. Questo il chandleriano non lo condivide - è
uno che ci crede. Ma la “rivelazione” dei meccanismi – il postmoderno
soprattutto è una delazione – ci sta, è redditizia.
Benjamin
Black (John Banville), La bionda dagli occhi neri, Guanda, pp. 301 €
17,50
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