Putin non è simpatico,
ma non è di questo che si tratta. È stato marcato subito, appena è emerso come
l’anti-Eltsin, il dissolutore della Russia. Da una politica di antipatizzazione
(la vecchia disinformacija di cui
Mosca era maestra) che, vecchia ormai di vent’anni, a ogni giro costringe Putin
a imprevedibili, rischiose, “uscite dall’angolo”.
La politica
internazionale come un ring è purtroppo nelle corde americane. Kissinger è
stato un’eccezione, tutta la politica Usa del dopoguerra è di scontro, confrontation. Ma neppure questo crierio
regge nei confronti della Russia.
Mosca, si suppone,
è un problema perché ha un arsenale missilistico intercontinentale nucleare.
Ma, se questo è il problema, perché non indurre Mosca al decommissioning e al disarmo? Invece di costringere Putin a impiegare preziose
risorse per lucidare gli arsenali. A lume di ragione converrebbe perfino
finanziare il disarmo russo – che ha un costo, forse più elevato che il
mantenimento dell’arsenale. Dunque, non è questo il motivo.C’è evidenza
invece in abbondanza che la guerra di disinformazione, che non ha alcun fine
plausibile, ha comunque l’effetto di strizzare l’Europa. Tenendo l’obbligatorio
vicinato con la Russia in continua tensione.
La crisi ucraina
non è la prima con la Russia di Putin. È
l’ultima di una serie. Che tutte
hanno avuto un solo effetto, scaricarsi sull’Unione Europea. Senza indebolire
Putin, e anzi rafforzandolo. La liquidazione dell’Urss e la nascita della “Fortezza
Europa”, concomitanti, è come se avessero reindirizzato la solidarietà
atlantica nel senso di una partnership ineguale, non dichiarata ma perseguita
con costanza.
giovedì 27 marzo 2014
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento