mercoledì 12 marzo 2014

Col mercato più debito e meno servizi

L’orologio del debito pubblico dell’“Economist” galoppa, a ogni secondo diecine di milioni di dollari si aggiungono alla montagna. Che oggi è di circa 53 mila miliardi di dollari. Due volte e mezzo l’ammontare di dieci anni fa.
Fra un anno il debito è previsto dall’orologio a 55.600 miliardi, fra due anni a poco meno di 60 mila. In una dozzina d’anni il debito si sarà triplicato, il debito pubblico. Mentre i servizi si contraggono, o scadono di qualità, o ci cancellano semplicemente, i servizi pubblici.
Il debito italiano è quello che è aumentato meno nel decennio, da 1.500 a 2.400 miliardi di dollari. Quello tedesco è raddoppiato, e così pure quello giapponese: la Germania passa da 1.430 a 2.800 miliardi, pur avendo dimezzato i servizi sanitari e ridotto considerevolmente i trattamenti pensionistici, il Giappone da 6.540 a 12.400 miliardi. La Francia ha più che raddoppiato il debito, da 1.015 a 2.400 miliardi. Gli Usa l’hanno più che triplicato, da 3.600 a 13.300 miliardi. La Gran Bretagna quasi quadruplicato, malgrado abbia smantellato, letteralmente anch’essa, lo Stato sociale, da 680 a 2.500 miliardi.
È un debito che serve a pagare il debito. E cioè i creditori: una miniera sicura per chi ha capitali. E per chi non ne ha ma sa come “far girare” il denaro. Il fatto è anche sperequativo: lo Stato fiscale (sociale) riduceva la ricchezza con la tassazione progressiva, lo Stato debitore la incrementa pagando interessi a chi può finanziarlo, cioè ai ricchi. Che sono in grande misura, fra l’80 e il 90 per cento, gli operatori del mercato, i “manovratori”. Il più massiccio trasferimento di ricchezza della storia, probabilmente, dai poveri ai ricchi

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