Dio è lo “Sgrammaticato” per
Luisa Muraro, benché Volto Santo, Assoluto e Immanente. In quanto, spiega Grazia
Villa nella prefazione a questa riedizione, ne “disfa e ridisfa a ogni
rilettura tutte le immagini”. Lo racconta “in lingua materna” in questa
raccolta: “È l’indicibile delle mistiche, è il non pensato della teologia
favolosa delle donne”. Dio anzi è solo delle donne, solo loro ne hanno avuto e
ne hanno conoscenza, per essere state mistiche, “dal Medio Evo al Novecento”.
Ma anche prima, perché no, le
vergini martiri per esempio, la lista si può allungare. E per essere madri no,
i soli esseri umani che creano qualcosa, creando figli? La filosofia del
femminismo non è molto innovativa, a parte il radicalismo – oggi si direbbe i
vaffa. Ma permette di raccontare molte storie. E Muraro ne ha raccolte molte, a
margine del suo filosofare la “differenza”, l’orgoglio di essere donna. Navigando
soprattutto fra le contemporanee, Simone Weil, Cristina Campo, Clarice
Lispector, e le anime pure della Resistenza, Sophie Scholl, Hetty Hillesum, in
aggiunta alle tante “visionarie” del passato, Angela da Foligno e Giuliana di
Norwich comprese, con l’incredibile Margherita Porete, l’altra santa che i francesi
bruciarono come strega. Una corona delle “amiche di Dio”: Luisa Muraro ha
inventato la categoria e le celebra.
La “celebrazione” non si può dire
meglio della prefatrice: “Una cavalcata, una corsa, una nuotata, reale o
sognata, attraverso parole grondanti, allegorie, immagini, vuoti, pieni,
silenzi, grida, estasi, abissi, pertugi, poesie, tutto l’incanto, la sorpresa,
l’amore delle amiche di Dio”. Vorace creativa, come tutto del Sessantotto,
Luisa Muraro ha appuntato questi umori trasudanti dalle sue letture “di genere”
in una raccolta cui diede forma unitaria una dozzina d’anni fa, sull’emozione
della lettura dell’ultimo approdo di Elvio Fachinelli l’anno della morte, nel
1989, “La mente estatica”. Tra la prima pubblicazione e questa riproposta, l’autrice
della “Indicibile fortuna di nascere donne”, nonché fondatrice a Milano della
Libreria delle donne nel 1975, si è
divertita con “Dio è violent”, senza il genere finale.
Tutto nasce in realtà, questa rivendicazione
di Dio, dalla ricerca impostata con la rivista della Libreria, “ Via Dogana n.
48”, a febbraio del 2000 sulla fine della religiosità, a partire già da
Leopardi. Quindi dalla scoperta della “diversità” anche in questo: “Com’è che
la scoperta del centro vuoto delle parole porta quelle donne non all’angoscia
mortale ma alla gioia? Com’è che le loro parole si arrendono non ala
conclusione logica del nichilismo (logica e nondimeno assurda) ma allo stupore
dell’estasi?” Queste donne “hanno un segreto che permette loro di saltare tutta
la questione dell’esistenza d dio, un segreto fra le parole, le cose e i corpi”.
Le mistiche come tutte le donne, si potrebbe dire, che hanno il dono della
creazione. Diremo che “Dio è qualcosa che può capitare” – esser-Ci, direbbe
Heidegger.
O meglio, l’innovazione qui c’è, tutta
una teologia e una filosofia – seppure en
passant, nella cifra scanzonata di Luisa Muraro: “«Dio» è una parola che
non ha senso se non si perde in altre, in tutte le altre, anche quelle mai pronunciate
o impronunciabili, come un loro nome comune, il più comune, come la parola
segreta di ogni essere che viene al mondo e di ogni essere che o lascia; un
lasciapassare, potremmo dire, e come la traducibilità stessa di questo mondo in
un altro e nell’infinità dei mondi possibili”.
Luisa Muraro, Il Dio delle donne, Il margine, pp. 187
€ 15
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