sabato 8 marzo 2014

Dio è la parola che si perde

Dio è lo “Sgrammaticato” per Luisa Muraro, benché Volto Santo, Assoluto e Immanente. In quanto, spiega Grazia Villa nella prefazione a questa riedizione, ne “disfa e ridisfa a ogni rilettura tutte le immagini”. Lo racconta “in lingua materna” in questa raccolta: “È l’indicibile delle mistiche, è il non pensato della teologia favolosa delle donne”. Dio anzi è solo delle donne, solo loro ne hanno avuto e ne hanno conoscenza, per essere state mistiche, “dal Medio Evo al Novecento”.
Ma anche prima, perché no, le vergini martiri per esempio, la lista si può allungare. E per essere madri no, i soli esseri umani che creano qualcosa, creando figli? La filosofia del femminismo non è molto innovativa, a parte il radicalismo – oggi si direbbe i vaffa. Ma permette di raccontare molte storie. E Muraro ne ha raccolte molte, a margine del suo filosofare la “differenza”, l’orgoglio di essere donna. Navigando soprattutto fra le contemporanee, Simone Weil, Cristina Campo, Clarice Lispector, e le anime pure della Resistenza, Sophie Scholl, Hetty Hillesum, in aggiunta alle tante “visionarie” del passato, Angela da Foligno e Giuliana di Norwich comprese, con l’incredibile Margherita Porete, l’altra santa che i francesi bruciarono come strega. Una corona delle “amiche di Dio”: Luisa Muraro ha inventato la categoria e le celebra.
La “celebrazione” non si può dire meglio della prefatrice: “Una cavalcata, una corsa, una nuotata, reale o sognata, attraverso parole grondanti, allegorie, immagini, vuoti, pieni, silenzi, grida, estasi, abissi, pertugi, poesie, tutto l’incanto, la sorpresa, l’amore delle amiche di Dio”. Vorace creativa, come tutto del Sessantotto, Luisa Muraro ha appuntato questi umori trasudanti dalle sue letture “di genere” in una raccolta cui diede forma unitaria una dozzina d’anni fa, sull’emozione della lettura dell’ultimo approdo di Elvio Fachinelli l’anno della morte, nel 1989, “La mente estatica”. Tra la prima pubblicazione e questa riproposta, l’autrice della “Indicibile fortuna di nascere donne”, nonché fondatrice a Milano della Libreria delle donne nel 1975,  si è divertita con “Dio è violent”, senza il genere finale.
Tutto nasce in realtà, questa rivendicazione di Dio, dalla ricerca impostata con la rivista della Libreria, “ Via Dogana n. 48”, a febbraio del 2000 sulla fine della religiosità, a partire già da Leopardi. Quindi dalla scoperta della “diversità” anche in questo: “Com’è che la scoperta del centro vuoto delle parole porta quelle donne non all’angoscia mortale ma alla gioia? Com’è che le loro parole si arrendono non ala conclusione logica del nichilismo (logica e nondimeno assurda) ma allo stupore dell’estasi?” Queste donne “hanno un segreto che permette loro di saltare tutta la questione dell’esistenza d dio, un segreto fra le parole, le cose e i corpi”. Le mistiche come tutte le donne, si potrebbe dire, che hanno il dono della creazione. Diremo che “Dio è qualcosa che può capitare” – esser-Ci, direbbe Heidegger.
O meglio, l’innovazione qui c’è, tutta una teologia e una filosofia – seppure en passant, nella cifra scanzonata di Luisa Muraro: “«Dio» è una parola che non ha senso se non si perde in altre, in tutte le altre, anche quelle mai pronunciate o impronunciabili, come un loro nome comune, il più comune, come la parola segreta di ogni essere che viene al mondo e di ogni essere che o lascia; un lasciapassare, potremmo dire, e come la traducibilità stessa di questo mondo in un altro e nell’infinità dei mondi possibili”.
Luisa Muraro, Il Dio delle donne, Il margine, pp. 187 € 15

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