“Quant’è bella
giovinezza\ che si fugge tuttavia,\ chi vuol essere lieto sia\ di doman non c’è
certezza”. È un inno alla giovinezza, che Scalfari tesse su “Repubblica”, dove
identifica Renzi con Lorenzo il Magnifico? O insinua il dubbio, come era solito non fidandosi
del Rottamatore? Non c’è dubbio, è una lode. E non della giovinezza ma del
giovane Renzi - perfino più del Magnifico, che morì a 43 anni.
Sdilinquirsi per
Renzi si può, avrà il suo fascino. Se non che a Scalfari è sempre stato indigesto. Anche trasformarsi: è meglio che perire – e non siamo qui tutti a
celebrare la fenice, che splendida invenzione? Ma c’è modo e modo, e quello di
Scalfari mette a disagio. È anche bene ricredersi, se ci sono ragioni valide.
Scalfari né si ricrede né dà ragioni valide. Anzi, ne trova solo di non valide:
confusione, vaghezza, superficialità, seppure condite da entusiasmo.
È uno sberleffo, scritto in forma di elogio? E perché – non lo capisce nessuno? No,
sembra una retractatio, di quelle che
sottoscrivevano i reprobi dopo il carcere duro, i Campanella. Ma qui nessuno ha
tenuto Scalfari in ceppi – non che si sappia. No, è una conversione: la fede è
cieca.
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