Si
riedita dopo ventidue anni (ma il saggio era del 1983) Bobbio con commenti di
Renzi e Cohn-Bendit. Inutili, se non a dire inutile l’argomentazione stessa di
Bobbio. Fuori tempo oggi, anche nel modo tignoso di procedere del filosofo
(specie nella messa a punto che volle far seguire alla prima edizione), contro
la spensierata baldanzosità in voga – merito, innovazione, etc.. Lo salva
Massimo Salvadori nell’introduzione, rispolverando la “giusta società”, su cui
Bobbio, nel suo “messappuntismo”, si era sintonizzato nel 1996, dopo la vittoria dell’Ulivo di Prodi.
D’Alema
aveva salutato la vittoria elettorale come una “rivoluzione liberale” – lo slogan
con cui Berlusconi aveva stravinto due anni prima. “Avrei preferito che un
grande partito di sinistra”, obiettò Bobbio, “invece di lasciarsi sedurre dalla
riproposizione della «rivoluzione liberale», quando tutti erano diventati
liberali e naturalmente in primo luogo gli avversari, risollevasse la bandiera
della «giustizia sociale»”, per la quale avevano militato le masse: “Se dovessi
proporre un tema di discussione per la sinistra, oggi, proporrei il tema
attualissimo, arduo ma affascinante, della «giusta società». Continuo a
preferire la severa giustizia alla generosa solidarietà”.
Era la
teoria di John Rawls, possibile in America nel 1971 e non in Italia - non per
Bobbio. Ma chissà come il filosofo americano si sarebbe meravigliato della sua
adozione in Italia, come equità sociale e anche come giustizia giusta. Non si può
obiettare a Bobbio la politica dello struzzo, ma è come se.
Norberto
Bobbio, Destra e sinistra, Donzelli, pp. 180 € 19,50
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