“Immensa
è la folla degli imbecilli”: Agostino, un santo che pure non presumeva molto di
sé, lo sostenne “Contro gli Accademici”. Jerphagnon, studioso di sant’Agostino
(e di Roma antica, il cristianesimo, la banalità - dopo Arendt - e Pascal), è
tornato sul tema negli ultimi suoi giorni, consegnando nel 2010, un anno prima
della morte, questo “florilegio”. Conscio di dover esercitare la prudenza, ma a
lungo tentato, dice, da una “fenomenologia della stupidità”. Dopo esservisi esercitato
un paio di volte, in un saggio sugli imbecilli nei “Dialoghi” di Platone, e sul
“numero incredibile di allusioni alla stupidità” nell’opera di sant’Agostino.
Infine, per l’età e il residuo pudore, limitandosi a un assetto tematico dei
reperti.
“Imbecilli”, diceva Flaubert, l’idiota di
casa, “sono quelli che non la pensano come voi”. O Clitandro delle molieriane “Donne
saccenti”: “Avete capito male, malissimo, e io vi sono garante\ che lo stupido
saccente è stupido più d’uno ignorante”. Ma la materia attrae, e del resto
Pascal voleva stupido Montaigne, perché si dipingeva pieno di saggezza – come
Pascal. La stupidità Jerphagnon fa nelle conclusioni “polimorfa e onnipresente”. Anche
“naturale”, con Kundera. In realtà sfuggente: l’unica immagine che se ne
prospetta, dice, è “la «sfera» di Pascal – e prima di lui di Hermes Trismegisto: la
sfera «il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo»”. Il fatto è
che “una miriade di essere unici pretende a ogni istante di decidere della stupidità
di altri soggetti altrettanto unici”.
Uno
sveltissimo libello. Senza i riferimenti d’obbligo: Cipolla, Musil,.Jean Paul, il masochista Wilde (“Il solo peccato che conosco è la stupidità”), e il Cocteau d’ordinanza (“ Il dramma della nostra epoca è che la stupidità si è messa a pensare”). Con l’imprevista resurrezione di Mauriac (François, lo
scrittore “cattolico”) e Montherlant. E un effetto beffardo. Che non è quello
che si pensa, della serie il malvagio è buono, il buono è malvagio, l’inutile è
utile, l’utile è inutile, il gioco del rovescio. Il tema si presta, quant’è stupida
l’intelligenza, o quant’è intelligente la stupidità, ma il filosofo ce lo
evita. Jerphagnon parte da Raymond Aron, che avrebbe “riconosciuto la stupidità
come il fattore dominate della storia”. Ma l’antologia non è umoristica. Né uno
stupidario, un repertorio di stupidità – magari sulla stupidità. Cioè lo è, ma
dei riflessi negativi sugli autori antologizzati. Che presi uno per uno ne sono
esenti, naturalmente. Ma messi in fila, 140 o 150, e divisi per categorie
sembrano ottusi.
La stupidità
è contagiosa, non si può sanzionarla - solo riderne. È come dice da ultimo
Amélie Nothomb nella “Metafisica dei tubi”: “Non si è trovato niente di meglio
che la stupidità per credersi intelligenti”.
Lucien
Jerphagnon, La sottise? (vingt-huit siècles qu’on en parle), Livre de
poche, pp. 139 5,60
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