Forse il
libro più sentito, anche se non personale, di Gary, di cui Parigi celebra il
centenario. Un ebreo lituano che si è voluto francese, aviatore, eroe della
Resistenza Legion d’honneur, diplomatico. Nonché sposo di Jean Seberg, l’attrice
di Preminger (“Santa Giovanna”, “Buongiorno, tristezza”) icona della nouvelle
vague, protagonista del jet set, morta suicida dopo una campagna diffamatoria
dell’Fbi che ne logorò i nervi. Poi suicida anche lui. Per la stessa ragione
per cui aveva vissuto, la vitalità – il declino della vitalità.
Scrittore
proteiforne, utilizzò anche più nomi. Uno di questi, Émile Ajar (“gari” e “ajar”
significano in russo “brucia” e “brace”), che fece rappresentare fisicamente a
un lontano cugino, Paul Paulovitch, utilizzò per quattro romanzi, tra cui
questo che gli valse un secondo premio Goncourt all’uscita nel 1975 – dopo un
primo ottenuto come Gary nel 1956 per “Le radici nel cielo”. Per “L’uomo con la
colomba”, “allegoria satirica”, si firmò Fosco Sinibaldi, un mezzo anagramma di
Garibaldi.
Qui fa
il romanzo brioso di Belleville, il XXmo arrondissement di Parigi, oggi integrato
nell’off-off, e università di architettura, allora sobborgo putrido di immigrati
senza arte e sans papiers. Alcuni di questi, i bambini delle prostitute,
ex prostitute tengono in asilo, per evitare loro l’assistenza sociale. Momo
(Mohammed) e Madame Rosa sono l’uno e l’altra. Lui arabo senza padre, o con più di uno, lei ebrea, deportata e tutto. Questa è la loro storia, fino a
che morti non li separa.
Detta
così, è una storia strappalacrime, che neanche il neo realismo aveva saputo
immaginare. Gary ne fa un racconto scoppiettante, col ritmo pìcaro, di cui non si salta una virgola,
di una tenerezza interminabile. Un mondo chiuso, di reietti, che Gary scrive
come di getto, a ogni rigo sorprendente (“vero”) senza punte sociologiche e
concettosità.
Romain
Gary, La vita davanti a sé, Neri Pozza, pp. 214, ril. € 9,90
Nessun commento:
Posta un commento