giovedì 6 marzo 2014

L’anonimato nazionalpopolare

Fa un quarto di secolo questa riesumazione di un divertimento del poco serioso autore di “Cuore”, a cura di Giuseppe Marcenaro. Allora se ne parlava molto, l’anonimo era “nazionalpopolare”, giornali integerrimi e giudici se ne facevano paladini.
Non era una novità. Un quarto di secolo prima il procuratore Capo di Roma Luigi Giannantonio aveva puntato l’industria di Stato per decapitarla e chiedeva denunce anonime, facendosi fotografare con sacchi ai piedi di presunta posta. L’Eni sfuggì all’offensiva spostando la sede giuridica delle sue società a Palermo. L’altra settore dell’energia, il nucleare, fu decapitato con l’arresto di Felice Ippolito, il dinamico presidente del Cnen (ora Enea), per aver utilizzato in vacanza a Cortina una jeep aziendale – l’Enel stava nascendo. Usciva in quegli anni anche “A ciascuno il suo”, il secondo romanzo giallo di Sciascia, con questo attacco: “ - È una lettera anonima – disse il postino”.
Nel 1989 il “cancro delle anonime” era un tormentone di Andreotti nel “Bloc-Notes”, la rubrica settimanale che tenne per quindici anni, dopo i governi del compromesso storico e la sconfitta di Berlinguer, sull’“Europeo” di Lamberto Sechi – “alla maniera di Mauriac”, diceva Sechi. Fra Mauriac e Andreotti c’era qualche differenza. Andreotti è stato indubbiamente il maestro dei dossier in Italia, anonimi, a carico di Fanfani, Segni, Moro, Cossiga. Ma è quello che fa sapido il dossier “anonimo”. Andreotti, per esempio, sapeva già dei “pizzini”, che abbiamo scoperto una ventina d’anni dopo: “È stato assurdo dare la dignità della carta stampata a migliaia di foglietti privi di paternità pervenuti a suo tempo alla Commissione antimafia”, scriveva – ammonendo beffardo: “Con la scuola d’obbligo e il superamento dell’analfabetismo non ci sono più limiti”. E seriamente: “È prevalsa l’opinione di chi confonde l’omertà con la tutela di un costume civile”.
In un “Bloc-Notes” del 24 febbraio 1989 Andreotti ha anche una curiosa perfidia a danno del Procuratore Capo delle delazioni, di cui storpia il nome alla Totò: “Un disinvolto personaggio si compilò denunce gravissime e false che fece avere a Giannantoni. In modo che Giannantoni si eccitasse ma non trovasse niente. Dopodiché – andava dicendo – «quando arriveranno i ‘veri’anonimi, gli sbirri di Giannantoni gli diranno che sono un calunniato abituale»”. Implausibile che un “disinvolto personaggio” andasse in giro a confidare i suoi trucchi. Ma l’“Europeo” e Sechi, altro grande fustigatore, se non i lettori, evidentemente ci credevano, credevano a Andreotti.
De Amicis sembra uscito dal suo libro “Cuore”, in mezzo a tanta navigata perfidia. Ma forse la cosa è caratteriale – sarà da catalogare tra i “caratteri originari”: “La lettera anonima è la più alta forma di artigianato locale”, sbotta a un certo punto Mastroianni in “Divorzio all’italiana”.
Edmondo De Amicis, La lettera anonima

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