Tremonti
si rifà vivo in vista delle non procrastinabili elezioni, per un ruolo infine
di primo piano. Ci ha visto bene nella crisi, che sta strangolando l’Italia, e
qui lo dimostra. Senza paura della parola complotto, sapendo che i movimenti
finanziari (speculazione) non sono altro: combinazioni d’interessi per puntare il
più debole, o chi si distrae. La grande, la meravigliosa finanza che tanto
inebria gli italofoni, specie se anticapitalisti di professione, è il borseggio:
ne ha le modalità e la filosofia.
La
novità di questa crisi è che dei governi abbiamo partecipato, e anzi innescato,
l’assalto, quello tedesco in primo luogo, con lo scodinzolante Sarkozy al
seguito. E c’è un motivo: le banche tedesche erano a rischio fallimento,
assorbirono il primo fondo europeo di salvataggio, Efsm, e anche il secondo,
Esm. L’attacco all’Italia fu sferrato quando Tremonti disse no al finanziamento
dell’Esm, il secondo fondo salvataggio. Non al 18 per cento, la quota italiana
nei bilanci Ue, ma solo in base all’esposizione delle proprie banche verso i
paesi in default, il 5 per cento – la Germania era esposta per il 42 e
la Francia per il 32 per cento. Oppure al 18 per cento, ma allora in cambio
degli eurobond, delle obbligazioni europee per investire in infrastrutture e
opere pubbliche. Monti fu allora fatto andare al governo, che per prima cosa
disse sì, l’Italia avrebbe pagato l’Esm per la Germania
L’assalto
concertato al debito pubblico italiano nel 2011-2012 non convince i più,
l’opinione politicamente corretta vuole la Germania virtuosa – comprese le
banche tedesche, che assorbirono 600-700 miliardi dei fondi europei di
salvataggio, fonte Deutsche Bank e Ces-Ifo, l’istituto per la congiuntura,
sempre tedesco. Il peggio della crisi è, purtroppo, che è governata dalla stupidità,
Monti non è il solo. Tremonti è qui più antipatico del solito in quanto il
complotto denuncia alla seconda potenza: non quello delle banche e dei governi
che hanno speculato sull’Italia, ma della verità che non si può dire. Che si
dice in Germania, avrebbe potuto aggiungere, ma non si può dire in Italia –
dove è forse non a caso che l’informazione va a fondo più del debito.
Tra le
candide meraviglie del mercato un dato tuttavia di Tremonti non si può
contestare. Dal 2008 a oggi la massa monetaria in circolazione si è
moltiplicata per quattro. Altro che regole e controlli: quando quest’altra bolla
scoppia, sarà Hiroshima per tutti. E si è inaugurato, avrebbe potuto
aggiungere, il “ciclo del debito”: l’era
del mercato sarà l’era del debito pubblico.
In
valori assoluti il debito si è raddoppiato, in rapporto al pil è cresciuto
ovunque del 20-30 per cento, con tutti i discorsi di rigore fiscale. La
Germania ne camuffa una parte con artifici contabili ma l’ha accresciuto nei
cinque anni dal 70 al 100 per cento del pil, in barba al fiscal compact
- pur accrescendo anche il pil. Da un paio d’anni ha un debito superiore a
quello italiano, quest’anno di 200 miliardi. All’avvio dell’euro nel 1992 la
Germania aveva un debito al 60 per cento del pil: poi l’ha aumentato, contro i
regolamenti di Maastricht, per finanziare la disoccupazione e i mini-job -
l’esercito di paradisoccupati che però si possono dire statisticamente
occupati.
Giulio
Tremonti, Bugie e verità. La ragione dei popoli, Mondadori, pp. 286 € 18
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