L’unico dei
primi e grandi paesi europeisti a non soffrire la crisi è la Germania. La crisi
economica, e la crisi politica di rigetto. Per la ragione evidente che la
Germania ha tratto profitto dall’aggravarsi della crisi che essa ha imposto. L’Europa
che si contesta è quella della Germania e dei suoi satelliti, dal Baltico al
Danubio.
L’opinione
italiana vuole la Germania virtuosa e l’Italia (la Francia, l’Olanda, etc.)
imprevidente. Ma questo è vero oggi come lo era vero ieri, quando lo spread era
a 40 punti base, un’inezia. Inoltre, l’Italia (la Francia, l’Olanda, etc.) le
riforme le ha fatto, stroncando le pensioni, la sanità, etc. Solo non ha
adottato il mercato del lavoro del tipo schiavistico che alla Germania è stato
consentito, dopo che ha avuto per anni una disoccupazione sopra i cinque
milioni. Ma di questo non si può fare una colpa all’Italia (la Francia, l’Olanda,
etc,.): l’Europa vorrebbe, o dovrebbe, portare la Cina al proprio livello, non
cinesizzarsi.
L’opinione
italiana vuole anche la ricetta tedesca insostituibile. Mentre sanno tutti che
non è vero - sono i rudimenti dell’economia: non si stringe la cinghia nella
recessione. Nei tre anni in cui ha semidistrutto l’Europa, con sorrisi di compatimento,
telefonate minatorie, e diktat ai tavoli, Angela Merkel andava in giro a dire:
senza di me il diluvio.
È andata a dirlo
pure ad Atene, che letteralmente e personalmente ha voluto distrutta. Quindi lo
diceva a fini interni, per vincere le elezioni, che infatti ha vinto. Perché è
vero: i tedeschi sono tornati all’ora del revanscismo (la superiorità morale, l’egemonia,
etc.). Ma non del tutto: revanscisti i tedeschi lo erano anche con i russi a
Berlino, solo che i vecchi democristiani, da Adenauer a Kohl, li hanno tenuti
al passo.
La politica ha
anche una funzione pedagogica. La pedagogia della Merkel è invece di cavalcare
lo sciovinismo. L’informazione sulla Germania latita, o è singolarmente conformista.
Ma non c’è dubbio, riannodando lo svolgimento della crisi finanziaria italiana:
essa è stata preparata, promossa e accompagnata da una serie di iniziative e
dichiarazioni dei suoi più stretti collaboratori alla Bundesbank e al ministero
delle Finanze, compreso il ministro Schaüble.
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