Impossibile
andare avanti, impossibile tornare indietro, ma lo status quo è insostenibile:
Claus Offe non va oltre il senso comune nei titoletti del suo pamphlet,
non ne ha bisogno. Risapute sono anche le vie d’uscita dall’impasse: la “mutualizzazione
del debito su larga scala e a lungo termine”, e la riduzione del costo del lavoro in alcuni paesi per una maggiore competitività. Non così scontate, però, per il Toni Negri tedesco,
teorico orfano del marxismo: non c’è più Europa perché non c’è stato mercato,
questa in sintesi la constatazione da cui muove Offe. Con una singolare doppia
connotazione sorprendente: non solo il rimedio, anche la critica di Offe è,
forse senza saperlo, quella dell’Italia.
Perché
l’Europa è in trappola? Perché, argomenta Offe, invece che dal mercato, e cioè da
condizioni più o meno uguali per tutti, l’Europa si è fatta guidare dagli
interessi nazionali, e quindi dagli interessi prevalenti. Che hanno trovato
comodo erigere un Nord operoso contro un Sud parassitario, e su questa linea
divisoria, “noi e loro”, hanno messo l’Europa in trappola. E quindi, dice Offe,
loro stessi – non dice la Germania, ma si sa. Nel corral
internazionale della finanza, e quindi del debito, “alcuni partecipanti al
gioco, come la Germania”, convivono prosperando, “mentre altri stati subiscono
gli svantaggi di esternalità negative fuori controllo, ossia l’effetto
«rubamazzo» dovuto agli stati membri che sono riusciti a combinare alta
produttività e moderazione salariale, basso costo del lavoro e forti surplus
delle esportazioni”. Una guerra. Senza “i mezzi militari” di cui in passato
c’era bisogno e si faceva sfoggio: ora non è più necessario. Oggi uno stato può
avere rapporti assolutamente pacifici con un altro e tuttavia letteralmente possederlo
, semplicemente appropriandosi della sua economia tramite un surplus
commerciale permanente e annientare la sua sovranità privandolo (attraverso
condizioni di salvataggio ad hoc o addirittura attraverso la
giurisdizione europea) della propria autonomia di bilancio e di legislazione”.
La Germania, si può aggiungere, è già padrone di metà dell’Europa dell’Est.
La sintesi è ineccepibile e chiara - rapida, esatta - della crisi europea, economica e politica. Compresa la inabilitazione della politica stessa, che si è spesa per il salvataggio delle banche, della finanza, cioè dei responsabili della crisi. Impegnando col debito pubblico le popolazioni vittime della crisi stessa. Per il salvataggio delle banche del Nord Europa, andrebbe aggiunto - questo Offe non lo dice, ma è mancanza minore. L’analisi
è meno congruente sul nazionalismo montante - o populismo, come si è convenuto
chiamarlo. Che avrebbe indotto la singolare incapacitazione politica dell’Europa,
o almeno dei governanti e dei partiti che la politica mediano e organizzano. Offe
sembra ritenerlo un dato, in parte un esito della crisi economica. “Il
codice dominante è sempre nazione «vs.» nazione”: la rappresentazione è
singolarmente cruda del nazionalismo che ha retto e regge la crisi, il «noi» e
«loro». Non è un’opinione minoritaria dei movimenti di protesta – lo stesso
Offe le dà un formidabile contributo con la paginetta 81: «loro» cioè la
corruzione, l’evasione fiscale, l’incompetenza, le mafie, la giustizia
politica. In
realtà è un effetto della politica nazionalistica dei governi. Specie in
Germania: difficile immaginare un’opinione tedesca antigreca (e
antimediterranea, antilatina, perfino antitaliana), non fosse stato il “caso
greco” costruito, letteralmente, da Weidmann, Schaüble e la stessa cancelliera
Merkel, con insistenza, con durezza. Dopo aver salvato con la stessa
determinazione, e con tutti i fondi disponibili della Ue e della Bce, senza se
e senza ma, le banche fallite della galassia tedesca, in Germania, Austria,
Belgio, Olanda.
Questo
è importante sapere per divisare il dopo, cui Offe non sa pensare che in
termini di “buon europeo”. Dice correttamente: “La via da seguire non può
essere tracciata in base al principio TINA professato dalla Thatcher (e dalla Merkel):
There is no alternative, non c’è alternativa”. Ma poi chiama a una “costruzione
democratica delle istituzioni”. Chi? Gli stessi che le istituzioni democratiche
europee, che esistevano, insieme con una robusta prassi, hanno corrotto. No, il
sociologo politico non può non essere realistico. La salvezza può solo venire
dalla Germania. Che non è così semplice come sembra, che l’Europa diventi “tedesca”
– la Germania dopo la riunificazione è tornata continentale e pensa tedesco. Offe
lo sa, quando prospetta la via d’uscita nelle “responsabilità condivise” e
“correttive”: chi più ha beneficiato, “(grazie a tassi d’interesse più bassi e
tassi di cambio esterno più favorevoli) degli errori commessi collettivamente”,
più dovrebbe concorrere a rimettere in moto la barca, compensando gli squilibri.
E su questo chi “la risposta è ovvia: la Germania”. Che non lo farà.
Claus
Offe, L’Europa in trappola. Riuscirà l’Ue a superare la crisi?, Il
Mulino, pp. 102 € 10
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