Si può dire anzi Roma al passo della Sicilia. Abbonda all’improvviso anche la cucina alla siciliana, regina la pasta alla Norma, e la pasticceria, ovunque cassate e cannoli. Mancano i pizzini e i traggediatori, ma quelli sono ormai folklore. E i contorni già sfumano. Tutti sono criminali organizzati, eccetto chi sappiamo. Tutto è sfascio, eccetto alcune immobiliari, che costruiscono ovunque, sopra e sotto, cubature ad libitum. Col sindaco che sta lì ma come se non ci fosse, come a Palermo negli anni Cinquanta.
Allora sparì la Conca d’Oro, non è che costruiranno villa Borghese?
Il sindaco di Roma Marino vuole cambiare il cda
di Acea (“il management non è nelle mie corde”, si esprime così), lo comunica
al consocio compaesano Caltagirone, e se ne frega degli altri soci, i
cassettisti, il colosso francese Edf.
Sarebbe aggiotaggio, Acea è in Borsa, ma Marino è compaesano pure di
Pignatone, il capo della Procura, e la cosa si derubrica a inesperienza.
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