“R
come Roma, R come Rêve”, come sogno. Ma non c’è molto di Roma, malgrado il
titolo, nella quasi autobiografia dell’allenatore francese della Roma - un
terzo, meno, del volume. Benché sia il primo allenatore francese, fa notare
elogiativo l’editore, “in uno di campionati più considerati al mondo, la serie
A”. L’onesto Garcia lo dice lui stesso: “Nella mia vita precedente avevo più
spesso attraversato i Pirenei che le Alpi”.
A Roma
ha acquistato notorietà – dopo essere stato praticamente licenziato dal Lille.
Ma è col Lille che ha vinto, il campionato e la Lega francesi in un colpo solo,
la duplice accoppiata che l’ha reso famoso oltralpe, il suo ricordo migliore è
il 21 maggio 2011 al Parco dei Principi, il tempio del calcio d’oltralpe. “Trigoria
non è Luchin”, il centro sportivo del Lille: così gli apparve e così gli appare
la struttura della Roma, vecchiotta e inefficiente. Altri ricordi sono delle
squadre con cui è cresciuto solitario e outsider, un calciatore di
secondo piano, mai convocato in Nazionale, e un trainer isolato, per
carattere e concetti di gioco: Saint-Etienne, Digione, Le Mans prima di Lilla.
Di
Roma e della Roma Garcia ha subito capito l’aria, malgrado la lusinga della serie
A. L’editore gli accredita un patron “americano miliardario”, mentre l’avvocato
Pallotta è a stipendio, non si sa di chi - la solita bufala proprietaria di cui l’As Roma, la squadra col maggiore potenziale econmico, è costante vittima.. E la contestazione è subito arrivata
quando la squadra ha perduto il passo della Juventus.
Garcia
ha capito che nel “paese del re-pallone” il calcio è politicanteria.
Non lo dice ma lo lascia intendere, a fronte dell’organizzazione delle squadre
francesi. Non ci sono società con manager, esperti, progetti, ma presidenti in
vena di popolarità. Da qui il forte ruolo dei tifosi, quelli che non giocano e non vincono ma si vogliono capricciosi e
invadenti. E un calcio di mostri sacri, calciatori intoccabili anche se non
vincono nulla. Si può dargli torto. Ma Garcia e Gervinho, i migliori acquisti
della serie A, sono due scarti del Lille. Divario di valori? Di chi rispetto a
chi, allora?
Senza
farsi illusioni, Garcia ha preso il furbissimo ambiente in contropiede – “rimettere
la chiesa al centro del villaggio” lo inscrive negli annali anche se non
dovesse vincere niente (alcuni libri gli sono stati già così intitolati). E ha imparato subito anche il “segreto” del calcio italiano:
non prenderle. Per il resto diverte divertendosi, lui e i suoi giocatori - si dice sia un Sacchi, ma è il contrario: fa la squadra, e il gioco di squadra, al
meglio dei suoi componenti, non di schemi, di ognuno imparando capacità e
limiti per organizzarli al meglio, in mobilità costante e rapida ma non
forsennata, di movimenti anzi semplici, che consentono di non trovarsi scoperti
nelle ripartenze. Il calcio è pure semplice, è dei calciatori: dopo tante
squadre di allenatori, un allenatore per una squadra (che ha quadrato, sia aggiunto tra parentesi, il cerchio di Zeman, che i romanisti non sanno rimuovere).
Rudi
Garcia,Tutte le strade portano a Roma. Il calcio è la mia vita, Mondadori, pp. 239 € 17
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