“Da due secoli l’Irlanda è governata male, come
la Sicilia”, rilevava Stendhal, “Dell’amore”, 1822: “Entrambe governate da
pazzi a vantaggio di un’esigua minoranza”. Meglio la Sicilia, dice Stendhal, c’è
il sole.
“Alla melanese” è, secondo Boccaccio, intendere
male o non intendere, tipico della gente “grossa”. A loro contrapponeva la
gente “sottile”, quella che capisce. Per migliorare ed estendere lo stesso commercio,
del resto, Boccaccio andò a Napoli e non a Milano. Dal Trecento a oggi, quanti
secoli sono passati?
Come già John Gotti a New York, la prima vittima
del pentitismo, questo Riina che si fa straparlare in carcere è di nessuna “serietà”:
continenza, consistenza, ingegno. I Riina come John Gotti sono terribili in
scena, truculenti, smisurati, e ugualmente ridicoli fuori scena, abbandonati al
trovarobato delle cronache povere. La
mafia è l’opera dei pupi della malvivenza.
La mafia è
la Sicilia: un linguaggio scomposto, di marionette sfuggite al teatrino.
Sono due anni, di più, che la famiglia Bossi fu
scoperta aver sottratto 40 milioni dalla cassa della Lega, e niente, nessuna
incriminazione. Un cifra enorme. Di soldi dello Stato - erano rimborsi elettorali.
Con fattispecie di reato abnormi, come la truffa ai danni dello Stato, e l’aggravante
dell’associazione. Ma niente.
Dice: la Procura di Milano va coi piedi di piombo.
Con alcuni no e con altri sì?
E se Bossi fosse stato calabrese? Subito
avevano tentato di addossare tutto a Rosy Mauro, che per colorito e nome prometteva,
magari di seconda o terza generazione. Ed è l’unica, lì, che non ha rubato.
L’Europa
salvata dal Mediterraneo
“Cosa potrebbe conciliare gli europei con
l’Europa? Un anticentralismo.
L’ibernazione della nostalgia etnico-nazionale in tutte le sue forme. Un
riavvicinamento e un ritorno alla bellezza delle regioni. Il sentimento
mediterraneo. La capacità di affrontare in modo non sgradevole il caos della
vita. Di rispettare la natura interna ed esterna. La coesistenza con l’altro,
lo straniero, per cercare il proprio arricchimento”. Ulrich Beck, sociologo
politico tedesco, forse il più prestigioso, in cattedra alla London School of
Economics, da tempo analizza l’involuzione e la disarticolazione dell’Europa
sotto il teorema dell’“egemonia”, il disegno a cui la nuova Germania
riunificata impronta la sua azione in Europa. Ne diffida. Mette a repentaglio l’Europa, e la
Germania stessa, argomenta nell’ultimo libro, “Europa tedesca”. Ora, su “la
Repubblica” di ieri, propone un antidoto. Sotto il titolo “Dante e Mozart, il
futuro riparte da loro”, propone in realtà un “modello mediterraneo”, di modi
di vivere, storia e istituzioni.
Beck si rifà a Camus: “Dalle coste dell’Africa,
dove sono nato, si vede meglio il volto dell’Europa. E si sa che non è bello”.
E ad altri nomi meno noti. Michael Chevalier, che ipotizza un “letto
matrimoniale mediterraneo”, nel quale Est e Ovest, Nord e Sud si
congiungerebbero. Iris Radisch, la giornalista culturale vedette della “Zeit”:
“Il pensiero mediterraneo regionale e confederale è sopravvissuto alle grandi
ideologie nazionali e politiche, e forse è la sola utopia sociale del XXI se
colo che ancora abbia un futuro”. Gabriel Audisio: vivere bene e morire meglio.
Ma è il “pensiero meridiano di Franco Cassano che cita senza saperlo.
I Gabriel Audisio sono due. Il primo, francese
d’Algeria, figlio di italiani emigrati dal Piemonte, fu poeta, autore di
“Jeunesse de la Méditerranée”. Il nipote è storico del Midi della Francia.
Chevalier, Michel di fatto e non Michael, statista e economista della Francia
di Luigi Fiippo, era teorico di un’Europa latina, estesa al Sud America, contro
“l’Europa teutonica”, “l’America anglo-sassone” e l’“Europa slava”.
Calabria
“In Calabria il figlio intraprendente si fa
prete, fa carriera, e fa sposare la ragazza da lui scelta a suo fratello”: lo
assicura Stendhal in uno dei suo ta
nti tentativi di scrivere un “Napoéon”. Con
finale a sorpresa: “Se questa donna fa poi una scelta fuori della famiglia, per
il temerario c’è un colpo di fucile. Questo uso è costata a vita a duecento
ufficiali francesi”.
Potrebbe essere la capitale mondiale dell’olio.
Seconda, diciamo, dietro alla provincia andalusa di Jaen, che con i suoi 550
mila ettari produce da sola più olio d’oliva di tutta l’Italia. Però più
spettacolare, con le selve circostanti di ulivi giganti secolari. Col mare. E
col superporto. Piena di frantoi, magazzini, depositi, venditori, compratori,
marchi, fiere, mostre, vettori, trasportatori…, Una miniera. Invece Gioia Tauro
si vuole feudo dei Piromalli, o chi altro comanda adesso il fronte mafioso.
Anche le banche, gli uliveti secolari consigliano
di abbatterli, per vendere il legname e rientrare. Quando si dice lo sviluppo:
è come tagliarseli.
Prima delle cosche Piromalli, quaranta-cinquant’anni
fa, facevano a Gioia Tauro il commercio dell’olio e dell’abbigliamento gli
amalfitani. Piace pensarli arrivati coi normanni, quando gi agenti del papa nel
1139 abbatterono la Repubblica marinara. Da Mileto, qui vicino, la prima
capitale del Regno del Sole, dove si erano accampati per guatare di fronte la
ricca Sicilia che concupivano. Poi gli amalfitani sono comparsi, anche dall’elenco
telefonico, eccetto un paio – qualcuno di cui si dice che in realtà si legge
Piromalli.
Ci sarà allora un momento in cui scompariranno
i Piromalli. Fra otto secoli?
Furti, rapine, grassazioni, “dispetti” o
“avvertimenti” (incendi, bombe, tirassegno) sono normalmente impuniti. Anche se
denunciati – denunciarli è inutile, bisognerebbe portare i malviventi per la
collottola in caserma, e questo non si può La forza del delitto è l’impunità.
Un discorso non è mai preciso, né compiuto:
prevale la “fuga” adolescenziale. Piena di particolari inutili, e inconclusiva.
Si parla come facendo un passo indietro, per ritrarsi o proteggersi da
qualcosa.
Un catamarano costruito con mille cure sulla
spiaggia di Bova, varato con una complessa operazione, e portato a Reggio per le immatricolazioni,
viene lasciato sei mesi al porto per le pratiche, che sempre ricominciano.
Proprio dove, si scopre, butta a mare la fogna del popoloso rione Santa
Caterina. Dopo due mesi, la bella imbarcazione era già sommersa dai rifiuti e
dalle alghe. A Reggio che ha ora la “vocazione turistica”.
Reggio ebbe vent’anni fa 600 miliardi per
rifarsi il fronte mare. Ma non si rifece prima le fognature.
Molto rumore a Verona sul fatto che il sindaco
Tosi ha un amico calabrese, un imprenditore. E che almeno una volta è andato a
trovarlo a casa sua in Calabria. C’è qualcosa di losco,
si scrive e si fa scrivere, ma senza dire che.
L’unica cosa certa è che Tosi ha un amico
calabrese, cioè mafioso. La riprova è che il Procuratore Capo di Catanzaro dice
l’imprenditore “borderline”. Una volta che l’ha denunciato, è stato assolto.
leuzzi@antiit.eu
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