mercoledì 16 aprile 2014

Chi tocca i giudici muore

La Bicamerale fallì nel 1998 sulla separazione delle carriera dei giudici, tra pubblici ministeri e giudicanti. Lo dice D’Alema, che era il presidente del consiglio e la Bicamerale aveva voluto, e nessuno lo smentisce. Tardi, dunque, ma è vero: i giudici sono intoccabili, in ogni privilegio. Anche a costo di impedire l’ammodernamento necessario delle istituzioni.
Nel 1998 c’era Scalfaro, il presidente dei giudici gaglioffi, e la cosa si può spiegare così. Ma né prima né dopo la cosa è stata possibile. Per la protervia minacciosa della categoria. Per l’acquiescenza dei presidenti successivi, Ciampi e Napolitano. Per il ricatto costante dei giudici alla vita associata in tutte le sue forme, attraverso il ricatto dei media. Si dice che i media siano di Berlusconi, ma quelli non contano, contano i media delle cui magagne proprietarie i giudici sono i protettori, di De Benedetti, Bazoli, Agnelli-Elkann, la Confindustria.
Assistiamo sbigottiti, mentre si tagliano d’imperio le retribuzioni dei manager, gente che produce, dopo aspre selezioni, a retribuzioni dei giudici che arrivano al doppio di quella del presidente della Repubblica, dopo carriere “a cieli aperti”, tutti promossi, comunque. Uno scandalo doppio, perché si produce nel silenzio più totale dei media. Triplice anzi: chi critica è un mafioso, un’associazione esterna i Carabinieri gliela troveranno.

La categoria si fa schermo dei giudici vittime delle mafie. Ma è altrettanto spregiudicata. Prima avversò, non si dimentichi, con asprezza la Procura antimafia ideata da Falcone, fino a metterlo nel mirino di Riina. Poi, assassinato Falcone, si appropriò dell’idea dissolvendola in 136 Procure antimafia distrettuali, ognuna con un Procuratore Capo e uno o più vice.

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