“Dante
fu eminentemente «geometrico”, numerico, simmetrico, gematrico anche: “Egli
ricordava che «sempre la divinità geometrizza» e tutto il poema compose secondo
una mirabile geometria”.
Su
questa premessa, l’autore procede su terreno solido. Senza scandalismi, con
riferimenti sicuri.
Una
ricerca anteguerra, insuperata. La bibliografia si ferma al 1940 – di nuovo c’è
peraltro solo Patapievici. Il filone, aperto da Petrocchi, sembra essersi
esaurito. Geologo e paleontologo, cultore dilettante di Dante, Vinassa de Regny
ne fece la sintesi negli anni 1930. Sulla scia di Foscolo e di Pascoli, con
Valli, col plauso di Papini (ce ne sono echi nel suo “Dante vivo”).
Il suo
è il repertorio anche più vasto. Si parte dalle simmetrie della “Vita nova”. La
costruzione è indubbiamente simmetrica: “Si hanno prima dieci sonetti e brevi
ballate, poi una canzone, poi altri quattro sonetti, infine una canzone mediana
di importantissimo argomento”; a specchio “seguono, simmetrici, altri quattro
sonetti, poi ancora una canzone e finalmente, per terminare, un’altra serie di
dieci sonetti o brevi componimenti”. La successione è “assolutamente
simmetrica”: 10 + 4 + 1 + 4 + 10. È eminente “mistico numerista” san
Bonaventura. Si vuole Dante tomista, osserva Vinassa de Regni di passaggio, il
che è vero ma non del tutto: “Egli è anche tomista; ma quando occorre si
distacca dall’Aquinate”. In particolare nel “Purgatorio”: “Tutto procede
secondo la dottrina francescana e più specialmente bonaventuriana, che è in
contrasto con quanto afferma l’Aquinate”.
Dante
è “eclettico”, come sant’Agostino. Non si saprebbe però separarlo dalla
tradizione religiosa: molte derivazioni sono possibili, ma questa, uno
sradicamento, è impossibile. Carducci ebbe a dire Petrarca “un devoto” e Dante
“un credente” con apprezzabile mira, da laico sapeva distinguere.
Vinassa
de Regny è anche singolarmente acuto per
questo aspetto, la lettura “religiosa” di Dante. Prima e dopo avere spiegato,
con ricorsi biblici e patristici, che il numerismo non ne faceva un eretico: “Adoperando
il numero, non ebbe affatto l’idea di nascondere in esso qualcosa d meno che
ortodosso”.
Semplice
e precorritore invece, contemporaneo, il ragionamento sulle tante donne di
Dante . Era un libertino? Un ipocrita? Un arcade? No, Beatrice è la Chiesa.
Che a un certo punto Dante fa morire per innamorarsi della Filosofia - un’altra
donna. Esercizio pericoloso (“Cecco d’Ascoli settantenne vien bruciato vivo non
volendo rinnegare la sua misteriosa donna”) ma evidentemente comune. Con la più
convincente (sobria) trattazione dei
Fedeli d’Amore – Boccaccio compreso.
Una
trattazione rispettosa. Perfino semplice, nell’inevitabile ripetitività – i numeri
sono sempre quelli..
Paolo
Vinassa de Regny, Dante & Pitagora. La rima segreta in Dante,
Guaraldi, pp. 319 € 19,90.
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