venerdì 11 aprile 2014

Già Dante era francescano, e pitagorico

“Dante fu eminentemente «geometrico”, numerico, simmetrico, gematrico anche: “Egli ricordava che «sempre la divinità geometrizza» e tutto il poema compose secondo una mirabile geometria”.
Su questa premessa, l’autore procede su terreno solido. Senza scandalismi, con riferimenti sicuri.
Una ricerca anteguerra, insuperata. La bibliografia si ferma al 1940 – di nuovo c’è peraltro solo Patapievici. Il filone, aperto da Petrocchi, sembra essersi esaurito. Geologo e paleontologo, cultore dilettante di Dante, Vinassa de Regny ne fece la sintesi negli anni 1930. Sulla scia di Foscolo e di Pascoli, con Valli, col plauso di Papini (ce ne sono echi nel suo “Dante vivo”).
Il suo è il repertorio anche più vasto. Si parte dalle simmetrie della “Vita nova”. La costruzione è indubbiamente simmetrica: “Si hanno prima dieci sonetti e brevi ballate, poi una canzone, poi altri quattro sonetti, infine una canzone mediana di importantissimo argomento”; a specchio “seguono, simmetrici, altri quattro sonetti, poi ancora una canzone e finalmente, per terminare, un’altra serie di dieci sonetti o brevi componimenti”. La successione è “assolutamente simmetrica”: 10 + 4 + 1 + 4 + 10. È eminente “mistico numerista” san Bonaventura. Si vuole Dante tomista, osserva Vinassa de Regni di passaggio, il che è vero ma non del tutto: “Egli è anche tomista; ma quando occorre si distacca dall’Aquinate”. In particolare nel “Purgatorio”: “Tutto procede secondo la dottrina francescana e più specialmente bonaventuriana, che è in contrasto con quanto afferma l’Aquinate”.
Dante è “eclettico”, come sant’Agostino. Non si saprebbe però separarlo dalla tradizione religiosa: molte derivazioni sono possibili, ma questa, uno sradicamento, è impossibile. Carducci ebbe a dire Petrarca “un devoto” e Dante “un credente” con apprezzabile mira, da laico sapeva distinguere.
Vinassa de Regny  è anche singolarmente acuto per questo aspetto, la lettura “religiosa” di Dante. Prima e dopo avere spiegato, con ricorsi biblici e patristici, che il numerismo non ne faceva un eretico: “Adoperando il numero, non ebbe affatto l’idea di nascondere in esso qualcosa d meno che ortodosso”.
Semplice e precorritore invece, contemporaneo, il ragionamento sulle tante donne di Dante . Era un libertino? Un ipocrita? Un arcade? No, Beatrice è la Chiesa. Che a un certo punto Dante fa morire per innamorarsi della Filosofia - un’altra donna. Esercizio pericoloso (“Cecco d’Ascoli settantenne vien bruciato vivo non volendo rinnegare la sua misteriosa donna”) ma evidentemente comune. Con la più convincente (sobria) trattazione dei Fedeli d’Amore – Boccaccio compreso.
Una trattazione rispettosa. Perfino semplice, nell’inevitabile ripetitività – i numeri sono sempre quelli..
Paolo Vinassa de Regny, Dante & Pitagora. La rima segreta in Dante, Guaraldi, pp. 319 € 19,90.

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