Un
giusto omaggio, rendere accessibile al grande pubblico l’autobiografia di due
anni fa per il Meridiano: Scalfari è l’unico imprenditore del dopoguerra (con
Berlusconi), che abbia creato imprese durature, prima “l’Espresso”, poi
“Repubblica” – e avrebbe potuto avviate nel 1990 il primo giornale europeo. “Una
vita piena, non serena ma fortunata e felice”, può dirsi, guardando indietro dai
novant’anni. Piena di umanità, si può aggiungere, Scalfari è imprenditore
atipico: sempre curioso e mai cattivo, benché cinico. Il lettore lo vede di
riflesso dai ricordi: le amicizie costanti (con Calvino e ogni altro), la cura
dei genitori, così diversi e divisi, gli amori sofferti, la passione civile,
l’impoliticità.
Cose
già scritte, qui Scalfari le condensa. Con alcuni medaglioni giornalistici, di
Andreotti, Agnelli, Moro, La Malfa. Con una pagina forse acuta su Moro e Berlinguer, su come vedevano l’alleanza di governo. E con le solite vistose assenze: il
rapporto con Andreotti, la scelta di De Mita (Zichichi, Carboni, etc.), la
campagna contro Craxi, l’uscita da “Repubblica”, direzione e proprietà. Un
curioso parallelo, ripreso anche qui, suggerisce con Arrigo Benedetti, suo mentore
in giornalismo e poi socio nell’“Espresso”, che a un certo punto, anche lui, si
ritirò dalla vita attiva per scrivere i romanzi. Ma Scalfari non è il romantico
saturnino che era Benedetti.
Il compromesso di Berlinguer era il fascismo
Anche sullo schieramento suo e di “Repubblica” per il compromesso storico, senza ma, Scalfari tace, qui come sempre. E sull’adozione delle due “subculture dominanti”, come si esprimeva, la confessionale e la comunista, da parte di chi si voleva ed era il faro della cultura laica liberale. Solo, mostra di non averne buona opinione, ora non più.
Sul compromesso storico è anzi ora, facendo finta di nulla, feroce: a Berlinguer accosta una terminologia deteriore, di fumisterie, consociativismo, canalizzazione del consenso. La pagina su Moro e Berlinguer, peraltro, qui la 111, caduta nella disattenzione, merita una rilettura: “Superare le contrapposizioni verticali tipiche delle democrazia liberale, ricomporre la società in una struttura organica”, questo, secondo Scalfari, il disegno di Berlinguer. Uno Stato hegeliano, se si vuole, di fatto totalitario: è il corporativismo con nome diverso - il fascismo prima che s’imbarcasse nella guerra.
Eugenio
Scalfari, Racconto autobiografico, Einaudi-L’Espresso-la Repubblica, pp.
119 € 8,90Anche sullo schieramento suo e di “Repubblica” per il compromesso storico, senza ma, Scalfari tace, qui come sempre. E sull’adozione delle due “subculture dominanti”, come si esprimeva, la confessionale e la comunista, da parte di chi si voleva ed era il faro della cultura laica liberale. Solo, mostra di non averne buona opinione, ora non più.
Sul compromesso storico è anzi ora, facendo finta di nulla, feroce: a Berlinguer accosta una terminologia deteriore, di fumisterie, consociativismo, canalizzazione del consenso. La pagina su Moro e Berlinguer, peraltro, qui la 111, caduta nella disattenzione, merita una rilettura: “Superare le contrapposizioni verticali tipiche delle democrazia liberale, ricomporre la società in una struttura organica”, questo, secondo Scalfari, il disegno di Berlinguer. Uno Stato hegeliano, se si vuole, di fatto totalitario: è il corporativismo con nome diverso - il fascismo prima che s’imbarcasse nella guerra.
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