Hashem Thaci,
il “Garibaldi del Kossovo”, per il quale abbiamo dichiarato guerra alla Serbia,
era un notorio mafioso. Fu ed è sponsorizzato dalla Onu, cioè dagli Usa, ma la
sua Uck, o esercito di liberazione del Kossovo, era una banda criminale. Ora
sappiamo anche, da un breve commento che il Corriere della sera” ha concesso a
Francesco Battistini, che non soltanto liquidava i serbi kossovari inermi delle
campagne a centinaia, ma ne trafficava gli organi per la proficua industria internazionale
dei trapianti. Senza che l’Onu, nel caso l’indomita Del Ponte della altrimenti
inflessibile Corte internazionale di Giustizia dell’Aja, ritenga di
processarlo.
Il
problema non è Del Ponte, una carrierista fra i tanti. Quando si farà la storia
delle guerre umanitarie se ne scopriranno soprattutto magagne. Nell’ex Jugoslavia gli
intrallazzi scoperti della nuova grande Germania. In Serbia, Afghanistan e Irak
le insondabili strategie planetarie americane – coi tentativi in Siria e in
Iran. In Libia gli intrighi anglo-francesi contro l’Italia.
La guerra umanitaria è novità
complessa. Ribalta due millenni di diritto internazionale, il principio
cardine del non intervento. Con la guerra preventiva, o risarcitoria. Ma attrae anche sicuri uomini di pace, come il
defunto Giovanni Paolo II. Le ombre sono tuttavia più dense, molto più he non
gli aspetti realmente umanitari. Molte guerre sono state e sono combattute col
sostegno di regimi retrogradi in patria, quali l’Arabia saudita e gli Emirati
del Golfo. Le guerre non si dichiarano dove i diritti civili e politici sono
più conculcati. Non in Venezuela per esempio, o in Africa. Si fa guerra per finalità
dichiarate che invece si dimostrano subito false. La guerra alla Serbia, su cui Scalfaro e D’Alema pronti si
allinearono, fu subito chiaramente una guerra alla Russia by proxy, una sorta
di guerra per procura, e non una guerra
di liberazione. Tutto sommato, dovendola catalogare anche per capirne il senso,
la guerra umanitaria ha tutte le caratteristiche della guerra coloniale:
l’arbitrarietà, l’unilateralità, l’attacco cosiddetto preventivo. E le stesse
buone ragioni: la fede, il progresso, la libertà.
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