È così
che una raccolta scontata – le spiate non erano la cosa peggiore, nel fascismo
succedeva ben di peggio – diventa inquietante. Quattrocento fittissime pagine
d’ignominie – anche l’impaginazione è senza respiro, a corpo minuto, a
interlinea uno: di denunce, esposti, lettere anonime, tutto protocollato, tutto
visionato normalmente da Mussolini, che stabiliva le pene. Un repertorio
opprimente di per sé, che è solo una selezione delle migliaia di casi che lo
studioso ha trovato. La più parte non sono denunce di confidenti ma
“dichiarazioni spontanee ai Carabinieri (debitamente verbalizzate)”. La
denuncia come sport nazionale, da campioni imbattibili: “Migliaia di cittadini
adempirono in modo spontaneo e intermittente alla medesima funzione referente
svolta dai fiduciari dell’Ovra in forma mercenaria e continuativa”, dai
fiduciari della polizia politica. I
portieri non solo, ma ogni altra categoria di persone: coinquilini,
passanti, parenti, clienti, operai,
padroni, ambulanti, come da tradizione, sacerdoti, triestini in massa. I
sacerdoti anche all’interno della Chiesa, contro i modernisti – o per la carica
di cappellano militare.
Totalitarismo o democrazia?
Franzinelli
dice che la Germania di Hitler e l’Urss erano peggio, e peggio di tutti la
Francia di Vichy. La pratica liquidando come “tratto tipico dei regimi
autoritari e totalitari a partito unico”. Ma questo non è vero, la cosa non è
nata e non è morta col totalitarismo. L’Italia odierna, che vive di delazioni
al coperto di indiscrezioni, ascolti, insinuazioni, induzioni, la delazione
pratica al meglio – o è da definire un totalitarismo, sia pure
dell’informazione democratica? interessante.
Un
capitolo sorprendente – non se ne trovano nei repertori, ad esempio, della
Germania nazista - è quello di chi fa ingiuriare Mussolini dai suoi nemici, o
asserisce che lo hanno fatto, per denunciarli. Sorprendente perché la polizia
di Mussolini indagava per prima cosa i diffamatori, che spesso scopriva e
mandava al confino o a processo. “Diffamatori puniti” è un corposo capitoletto.
“Quando la Polizia scovava l’estensore di una missiva diffamatoria, agiva con
mano pesante”. Oggi diffamare è benemerito, purché per la buona causa. Delle
proposte del “piano” anticorruzione, la regione Emilia-Romagna ha subito
adottato la denuncia anonima: la figura del delatore ribattezza wistleblower,
all’americana, per camuffarne la natura e ammodernarla – un segnalatore, un
“palo” – e gli assicura la criptazione della provenienza email.
Anche
le intercettazioni erano d’uso. Ma Mussolini dispose: “Una sola copia!”. Oggi
se ne fa libero mercato. Una corposa categoria del libro sono peraltro i
fascisti che accusano i fascisti, sempre documentati. Come oggi gli imprenditori
e affaristi falliti denunziano i concorrenti più fortunati.
Se la spiata è virtuosa
Ci
sono differenze, naturalmente. Ma la maggiore è che il denunciante allora,
sotto Mussolini, era un infame. Oggi è un bello-e-buono della Repubblica, e la
Repubblica lo premia – seppure secondo un vecchio canone borbonici, il
“truglio”, che Franzinelli risuscita d’acchito (sulla scorta dell’omonima rievocazione
di Nico Perrone). Succede, la storia ha fasi alterne. Ma allora il giudizio
etico è relativo – e il pentimento, la colpa, etc. Franzinelli distingue: “In
un sistema illiberale e antidemocratico «informare» l’autorità equivale a
«denunziare»”, illecitamente cioè, secondo il giudizio morale. Ma, dopo, tutti
sbirri’? Papa Ratzinger, se ancora fosse in cattedra, avrebbe di che
preoccuparsi.
“Tra i
moventi”, spiega Franzinelli senza più l’aggravante del fascismo, “figurano
l’arrivismo, l’acredine, il gusto dell’intrigo, la vigliaccheria, la vendetta,
il denaro, l’invidia, la sete di potere”.
Mimmo
Franzinelli, Delatori, Universale Feltrinelli, pp. 462 € 15
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