Il titolare d “Assunta
Madre”, il ristorante in della
lussuosa via Giulia a Roma, Gianni “Johnny” Micalusi, terracinese impunito, non
se la prende: “In tutti i ristoranti dei vip a Roma ci sono microspie”, anzi,
si consola. La Regione Emilia-Romagna ha aperto un canale riservato per le
denunce. Dell’Utri è stato denunciato, a ogni buon conto, da un compagno di
viaggio, business class, nel volo verso Beirut, il 24 marzo, quando non era
soggetto alla carcerazione e nemmeno a divieto di espatrio. È la spiata che ha
fatto venire l’idea al Procuratore Generale di Palermo Scarpinato, l’arcinemico
di Dell’Utri, che l’11 aprile, dopo un paio abbondante di settimane, vincendo
la naturale neghittosità, ne ha disposto l’arresto – dice: ma non lo sapevamo,
e invece lo sapevano benissimo, l’albergo dove stava, il non anonimo Phoenicia, tanto più che pagava con le carte di credito, tracciabili con un clic.
Per coprire la
“procedura”, si è fatto valere per Dell’Utri un’intercettazione dell’8 novembre
2013, all’“Assunta Madre” appunto. Il capo della Mobile di Roma Renato Cortese,
poliziotto in carriera e quindi in cerca di visibilità, l’ha fatta valere come
l’innesco della richiesta d’arresto. Giustificando l’intercettazione a carico
di Dell’Utri come casuale, le microspie essendo state disposte per sospetti su
Micalusi. Una doppia bugia, perché Micalusi era stato indagato una quindicina
d’anni prima, e assolto definitivamente. Mentre la richiesta d’arresto viene
dopo la delazione sul volo Parigi-Beirut. Un nodo di gagliofferie. Con un
pizzico di ridicolo.
È vero che Cortese
aveva mandato le sue intercettazioni a novembre alla Procura di Roma. Ma il
Procuratore Pignatone gliele aveva restituite il 20 novembre con un richiamo
alla legge: “Questa squadra mobile” non si allarghi, si limiti alle
intercettazioni disposte dal giudice. Un rimprovero che, si dice, era motivato
dal contenuto vero delle intercettazioni profferte da Cortese: a carico non di
Dell’Utri ma di alcuni giudici della Procura di Roma, chiacchierati da alcuni commensali. Dunque, c’è una Polizia che ci intercetta comunque – Dell’Utri? “Johnny”? – e
poi sceglie fior da fiore.
Delle delazioni,
peraltro, l’uso è opportunistico – politico nel migliore dei casi. Per anni
vent’anni fa il boss della camorra Carmine Alfieri, superricercato, con
segnaletica aggiornata e somigliante, ha trafficato con la Romania, viaggiando
con Alitalia. Riconosciuto dagli altri assidui del volo, molti trafficanti come
lui, all’indomani della caduta del comunismo la Romania si comprava per pochi
dollari, e dai servizi segreti rumeni. Che lo segnalarono ai servizi italiani,
e ai giornalisti italiani che amabilmente essi sorvegliavano quando s trovavano a
lavorare in Romania. Alfieri fu infine arrestato – era il boss che teneva pieni
i muri di immagini sacre – ma dopo qualche tempo.
Il raffronto viene
vergognoso con “Delatori”, la raccolta delle spiate che Mimmo Franzinelli ha
fatto della stato dell’arte sotto il fascismo. Basti il raffronto tra il fotografo
Francesco Scopece e Zappadu, i fotografi che fotografano per mettere in cattiva
luce i propri nemici: quello condannato, Zappadu milionario benemerito della
Resistenza, con residenza ai Caraibi.
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