Arriveranno le Ford made in China – e le Fiat, perché no. Col
treno, via Mosca. In 12-15 giorni, meno di un terzo del tempo che ora ci vuole dall’Estremo
Oriente, via mare. Ancora meno quando la Cina interna, a ridosso dell’Asia
centrale, sarà industrializzata.
Il progetto della Via
della Seta, come la nuova ferrovia transasiatica si vuole chiamare, lanciato a
Astana, la capitale del Kazakistan, a novembre, si può dire decollato. Grosse
compagnie europee di logistica saranno coinvolte, tra esse le ferrovie
tedesche, DB Schenker, e specialisti del trasporto cargo, Swissport,
FlughafenZurich. Il finanziamento dell’opera, mille miliardi di dollari in
dieci anni, sarà assicurato dai fondi sovrani del Kazakistan e del Dubai,
l’Asian Development Bank, la Bers (Banca Europea per la Ricostruzione e lo
Sviluppo), e naturalmente le banche cinesi.
Il nuovo collegamento
dovrebbe essere effettivo a partire dal 2020, seppure non completato. Con un
trasporto iniziale di 1,7 milioni di container l’anno. Il progetto è una sorta
di alta velocità Est-Ovest. Con l’ammodernamento delle infrastrutture esistenti
e la loro integrazione, in modo da consentire un trasporto espresso prioritario
di lungo percorso, accanto al cabotaggio tradizionale, di prodotti petroliferi,
carbone, cereali e metalli.
È un progetto cinese.
Non nuovo: in questa chiave la Cina già offre assistenza finanziaria e tecnica alle
ferrovie del’Asia Centrale, e fino alla Bulgaria. Ma è patrocinato politicamente,
e organizzativamente, dalla Russia: Putin ne ha fatto il perno del suo progetto
di Eurasia, l’Unione Doganale Eurasiatica
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