Il
diario uscì in forma di libro nel 1943. “La sua fu una vera conversione,” dirà
Moravia, che gli volle molto bene. Figlio di Rosario, funzionario di prefettura
e fervente mussoliniano, che volle a stampa una sua conferenza al sindacato
fascista, intitolandola “Il duce”, fu fascista egli stesso. A quindici anni,
1922, era già iscritto al partito Fascista. Nel 1931 andò a Roma, insegnante
alle Magistrali, è cominciò a disamorarsi: troppa corruzione. Nel 1934 la
conversione era compiuta: tornato a Catania, ebbe sequestrata “per immoralità”
la pièce “Singolare avventura di viaggio”. Dopo la censura, se non a
causa di esse, irrobustirà le vena ironica, fino al ridicolo e al sarcasmo.
Nelle forme di Gogol’, oltre che del migliore Pirandello
Vitaliano
Brancati, I piaceri
mercoledì 16 aprile 2014
L’amarezza d’essere stato fascista
“Ricco”
ha etimologia unica in tutte le lingue. “Una delle condizioni più misere delle
epoche infelici non è di rimpiangere vanamente la felicità, ma di averla
totalmente dimenticata”. “Il Risorgimento, nonostante i suoi miracoli,
risentirà sempre dell’essersi compiuto con la totale assenza di ironia”. “Noi
amiamo i romantici per quanto hanno di classico”, etc. Con il popolo di
mezzanino (“quello che si guasta cercando di imitare i primi piani nei loro
difetti”), “i semidei della tavola”, o “la feudalità della tavola”, la “Moda della Tolleranza” e, in parallelo
con Savinio, il “profondiamo”: uno scrittore sempre vivo. Malgrado
tutto. Qui malgrado l’intempestività, e quasi una sordità: la leziosa raccolta –
malgrado tutto è leziosa - uscì nell’ottobre 1943, il momento forse più fosco
del Novecento, a Milano, capitale morale della repubblica in incubazione di
Salò.
Vittima
della sicilianità (l’immortale “Bell’Antonio” non lo è più, è caricaturale e
perfino bozzettistico), Brancati è invece autore di altra sostanza. Soprattutto
per gli anni suoi, tra la guerra e il dopoguerra. Nel teatro, nelle annotazioni
diaristiche, nei racconti – i romanzi, è vero, sono “siciliani”, anzi catanesi:
è a Catania che le ragazze non uscivano di casa ancora nel 1960 se non
accompagnate. Moralista arguto, segna anche in questo “diario segreto” (il
“corteggiamento di un «senso della vita»), la sofferenza forse più reale della
guerra e del fascismo, fra i letterati che c’erano anche prima.
Nessun commento:
Posta un commento