martedì 1 aprile 2014

Letture - 166

letterautore

Dialetto - È arduo a leggere. In Camilleri come in Porta o Belli. Leggere Belli è come leggere una lingua straniera, anche se si vive a Roma. L’“amico di casa” è orale. Alla lettura perde anche efficacia – d’intonazione e sesso (allusione, pregnanza).

Dostoevskij – “Essa (la slavofilia, n.d.r.) non vuole invadere né conquistare ma vuole liberare gli umiliati e offesi, ridare loro una vita nuova per il bene loro e dell’intera umanità”. I propositi di Dostoevskij erano irenici, ma la sua slavofilia disorienta gli slavisti, e glieli aliena. Per le ragioni, curiosamente, che lui stesso annota in altra parte del “Diario di uno scrittore”: “Su parecchie cose ho delle opinioni piuttosto slavofile, sebbene io non sia probabilmente uno slavofilo puro. Per taluni la slavofilia consiste in kvas e ravanelli… Per la maggioranza, slavofili sono coloro che desiderano la redenzione ed unione di tutti gli slavi sotto l’egida russa. Per alcuni altri si tratta dell’unione di tutti i credenti ortodossi onde poter dare alla grande Russia un’autorità morale sufficiente a pronunciare la parola attesa sa tutta l’umanità. E questa parola sarà pronunciata per l’unione di tutta l’umanità, unione universale il cui seme è sempre stato slavo e particolarmente russo… Questa è anche la mia fede. Non c’è da ridere”.
Non soltanto slavofilo, Dostoevskij era profondamente, religiosamente, ortodosso.
Ma non si faceva illusioni: “L’Europa naturalmente non capirà e ci tratterà nuovamente da barbari”, si diceva in altro passo.

Kerouac – Si legge in altro modo se si sa che, sotto la vita bruciata che esibiva, era visceralmente  attaccato alla mamma, al suo patois franco-canadese, alla sua religione, molto fervida. O se si astrae la scrittura dal personaggio: la scrittura fratta sembra presa di vangeli, comprese le parabole – ha anche i miracoli, a suo modo.

Lettera al giornale – Si è moltiplicata dacché i giornali, seguendo il format di “Radio anch’io”, che da quasi mezzo secolo fa le mattinate delle radio Rai, e molti pomeriggi – nonché tutta la giornata delle altre radio – danno largo spazio ai lettori. Ora, con l’uso moltiplicato dalla messaggistica – ogni blogger o twitter ne è terminale – si può dire un genere. Non letterario, comunicativo. Interattivo, anche compulsivo, un sorta di stimolo nervoso, e complice, cenacolare. O all’opposto violento. Mai posato: analitico, critico, riflessivo. Sugli stessi toni, però, di coloro che scrivono o parlano professionalmente, giornalisti, commentatori, rubricisti.
Maria Laura Rodotà, cultrice della materia, avendo tentato di rinnovare i format di Donna Letizia e Contessa Clara, ha trovato subito riscontro. A chi le contesta: “Dai, confessa, certe lettere te le inventi”, assicura: “E invece”. Ma è un’altra forma di conformismo.

Lettura  - Si legge di più, si compra meno. Non è negativo, è anzi positivo, l’esito dell’indagine Nielsen sugli acquisti di libri e sulla lettura nel triennio 2011-2013. Letto al contrario per inerzia (la convenzione è che l’italiano non legge), e per la stolida disattenzione dalla crisi economica, che l’Italia non ha mai sperimentato così gravosa. Si comprano meno libri, se ne leggono di più nelle biblioteche municipali e in prestito. Dov’è lo scandalo?
Il calo delle vendite si fa sentire soprattutto per i grandi spazi, le librerie che hanno costi generali elevati, di affitto e di personale: sono sempre affollate, la voglia di leggere non manca, ma le vendite si sono quasi dimezzate. Non da ora, ma non senza ragione: il pil si è ben ridotto
È frase fatta che in Italia non si legge. Su questo, invece, il paese bene  male regge. E ha una pubblicistica annua record in Europa, con 60 mila titoli.

Slavistica – È curiosamente antislava. Nel mentre che ne cura e ne esalta la letteratura, diffida del sentimento slavo. La germanistica no, non diffida della Germania, benché il germanesimo sia sempre stato tossico all’Europa e al mondo. O la francesistica della Francia, l’americanistica degli Usa, pure così controversi in politica e fondamentalmente imperialisti, l’ispanistica della Spagna.

Tragedia - È finita col primo Nietzsche, con la sua “Nascita della tragedia”, con l’apollineo e il dionisiaco, le arti figurative e la musica – e il loro contrario (Nietzsche non apprezzava la coerenza). Prima ancora dunque che la facesse rinascere in Wagner. Anzi nel festival di Bayreuth.
O è scomparsa per l’eccezionalità tragica del Novecento europeo, della vita vissuta. Da drammaturghi, interpreti e pubblico assieme. La mobilitazione totale, cioè la distruzione.

letterautore@antiit.eu

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