D’Alema non si chiede “in
che cosa sbagliamo?”, per cui il partito è ora in mano di giovani
democristiani, ex o professi. Lui è sempre convinto che lui è il migliore e gli
altri profittatori. Non si chiede se l’Italia ha dei problemi e delle urgenze a
cui lui e i suoi vecchi compagni non sanno rispondere. Se il mercato non è
quella panacea che i vecchi comunisti fingono che sia, dopo essere stati per
mezzo secolo cacciatori di capitali. Che osannano il mercato, dal rinnegato
Raoul Gardini agli avventurosi “capitani coraggiosi”, senza sapere di che si
tratta. Osannano l’Europa e non vedono i mutamenti feroci, i limiti. Anche
trinariciuto ora si può dire, che era interdetto: Guareschi, il coniatore, non
è più scomunicato e anzi è un santo. E quando sono politicamente corretti, in
fatto di donne, minoranze, corruzione, antimafia, hanno esaurito il suo compito
– si vede dai loro comici e talk-show.
La cosa più buffa è che
più trinariciuta è gente, per lo più intellettuale, che non è stata comunista al
tempo del Pci. Qualcuno per fatto anagrafico, i molti perché libertariamente
criticavano quel partito. Insomma, nel vecchio gergo, anticomunisti. Non Napolitano, per dire, che è stato comunista vero e di più lungo corso, oltre a essere quello assurto alla poiù alta magistratura dello Stato. È questa
gente che ora pensa di poter guidare, illuminare, comandare, le truppe
disordinate del vecchio partito, nel mentre che si serve del suo potere residuo
di mobilitazione per le proprie carriere e come audience fedele ai talk-show
cui presenzia.
La cosa sarebbe cioè da
ridere se non fosse pericolosa. Perché il vecchio Pci, senza più bussola e come
impazzito, ancora imperversa: nell’autoritarismo de giudici, a cui prospetta
carriere e prebende, nell’insipienza delle università e del giornalismo,
nell’avviilmento del sindacato – non c’è paese che ne abbia uno tanto
inconsistente:, è come i sindacati nei regimi sovietici, cioè di apparato, non
conta nulla.
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