Sotto
le spoglie di un Candido nelle meraviglie dell’immigrazione clandestina, in una
Novilla che potrebbe essere Melilla ma è un non luogo, dove il migrante si deve
spossessare della sua identità per costruirsi, come si dice, una nuova vita, il
“padre” perde il contatto col figlio, mentre sbatte in una femminilità che si
nega. Annoiata, frigida, supponente, e perfino, al bordello, burocratizzata – “faccia
domanda, c’è la lista d’attesa, sarà chiamato”. Senza accorgersene, da credente
nella sostanza del femminile, amorosa, materna, amichevole. Senza scandalo,
nella normalità e anzi nella buona volontà. Ma come se fosse sbucato dall’oceano
in un continente refrattario all’umano.
È un
inizio? Il filone potrebbe essere incontenibile, l’inizio di una rivoluzione.
Coetzee è premio Nobel già da dieci anni, e dunque non sospettabile di
scorrettezza politica. Ma a una rivolta, seppure quieta, accennata – originata,
chissà, dalle ferocie delle separazione, specie quando ci sono figli. Tanto
più necessaria ora che il dna scopre così tanti padri di figli non propri.
J.-M.Coetzee, L’infanzia di Gesù, Einaudi, pp. 256 € 20
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