Capitalismo – È un fatto –
e un’idea, una dialettica – sociale totale,
una forma di predeterminazione. Ogni idea applicata alla società lo è, ma
questa in modo speciale: il principio di concorrenza vincola all’atomizzazione
sociale sempre più spinta e irreversibile, su una piattaforma di libertà e
autorealizzazione. Sulla base del Diritto, una piattaforma legale (di violenza
istituzionale) di garanzia. Che nella sua espressione migliore è appunto la
parcellizzazione e la riduzione al minimo (al modello) della personalità e dei
bisogni, materiali ed emotivi, per la inflessibile uguaglianza delle opportunità.
Si può anche dire rivoluzionario, poiché
scompagina un assetto umano, oltre che sociale, e storicizzato.
Debito – È reciproco e
simbolico nell’economia del dono. Era, poiché anche la famiglia, l’ultima
sopravvivenza di quell’economia, si avvia allo scambio, nella coppia e nella
procreazione.
È ora cumulativo, e mai saldabile - Elettra
Stimilli, “Il debito del vivente”. È in questa forma lo sviluppo logico dell’individualismo,
cioè del liberalismo nel suo sostrato radicale, che è l’uguaglianza. La cui
ragione perequativa è lineare, ed esclude mozioni, affetti e ogni altro sentimento
morale che non sia quello della giustizia nella forma del diritto.
L’economia del dono, di cui il debito è
il perno, si fonda al contrario su una molteplicità di nessi, che arriva fino a
includere l’ingratitudine, una sorta di diritto all’irriconoscenza. Il rapporto
è in quell’economia di fiducia e non di misurazione quantitativa, e implica
anche una dispersione del dono (degli affetti, della fiducia), nell’attesa di
una ricomposizione a un altro livello, oppure di una dissoluzione. La logica
del dono è alternativa a quello dello scambio:
senso del dono è che il recipiente (debitore) sia interamente libero di
contraccambiare, e in che misura – è un equilibrio instabile.
Eguaglianza – È la
trasposizione del mercato nella società, e fin nella famiglia. La mano invisibile
di Adam Smith. L’equilibrio dei marginalisti.
Tocqueville non se la spiegava, “la passione
moderna dell’eguaglianza”. Ma è l’essenza del liberalismo. In questo senso va
la proposta di legge di Viggo Hansen due anni fa, anche se a nome del partito
dell’estrema sinistra svedese, il terzo maggior partito, di proibire agli “individui
di sesso maschile” di urinare in piedi.
Il socialismo assunse l’eguaglianza nel
momento in cui ritenne necessario assumere la modernità – il mercato. L’eguaglianza
come diritto era per Engels qualcosa che “cade necessariamente nell’assurdo”. La
“rivendicazione proletaria di eguaglianza” Engels indirizzava all’abolizione
della società di classi, e di ogni arbitrio, di forza o di legge, non di un astratto
principio di eguaglianza – “ogni rivendicazione di eguaglianza che va al di là
cade necessariamente nell’assurdo”, scriveva nell’“Anti-Dühring”. E a Bebel, il
18 marzo 1875: “Gli abitanti delle Alpi avranno sempre altre condizioni di vita
degli abitanti delle pianure. Rappresentarsi la società socialista come l’impero
dell’eguaglianza è una concezione francese troppo ristretta”, che risponde agli
obiettivi della rivoluzione dell’Ottantanove ma “dovrebbe ora essere
sopravanzata, perché non crea che confusione negli spiriti ed è stata
sostituita da condizioni più precise e che rispondono meglio alle realtà”.
Nella stessa lettera, Engels avrebbe voluto che si sostituisse a Stato la parola Comunità, in tedesco Gemeinwesen,
“eccellente vecchio termine tedesco, che risponde al termine francese
Comune”.
Ferrari – È una macchina e un simbolo.
Dell’inaccessibile. Si compra una Ferrari, due Ferrari, tre, oggetto inutilizzabile,
per accedere all’assoluto. Non in rivalsa, come succedaneo.
I simboli sono, devono essere, ricchi e
inaccessibili, forme dell’inaccessibile. Il totem di stracci, in assetto di
spaventapasseri, deve allora dotarsi di potere magici.
Modernità – S’intende lo
sradicamento sociale, dal genos, la città, la tradizione, la stessa famiglia, e
ogni simbologia o forma non-economica, non legata cioè allo scambio, la patria
compresa. Solo regolata in forma contrattuale, retta da leggi “giuste”. Progressista,
cioè migliorativa, e quindi ineluttabile e incontestabile. Fu per questo la “Grande
Congiura” di Guénon. E in abominio, fino a un certo punto, nella Chiesa: il relativismo etico è fondamento e esito del
liberalismo culturale, che è il fondamento della modernità. Ma, per questo stesso motivo, inviso anche nel movimento socialista.
Marx, scrivendo a Engels il 25 marzo
1868 a proposito del legame del movimento socialista con la rivoluzione dell’Ottantanove
e l’illuminismo, lo vedeva piuttosto in opposizione ma per una ragine precisa.
Ci soni due tipi di “reazione contro la Rivoluzione francese e la filosofia illuminista”:
una della destra reazionaria, e una dell’“orientamento socialista”. Questo
voleva privilegiasse il radicamento e la continuità. Fin dall’“epoca più
primitiva di ogni popolo”, per “trovare nel più antico il più moderno”.
Necessità
- Non
ha altro fondamento che la vita, in quanto gratuità. Il suicidio compreso, o l’annullamento
di sé, ritenuto supremo atto di libertà.
Niente è necessario se non in rapporto a
qualcosa: leggi, ordinamenti e, filosoficamente ma anche fisicamente, la vita.
Seppure gratuita, di fatto e concettualmente.
Sinistra
–
Se è parte attiva della società e della politica (della giustizia, dei più, del
bene), deve poter essere regressiva: tradizionalista e conservatrice. Di fatto
è un concetto politico in senso stretto, di schieramento, legato all’Ottocento
post-’89, quindi si configura come “rivoluzione”: innovazione, progresso,
futuro, avanguardie (minoranze illuminate, attive, trainanti). Oggi che
l’innovazione, materiale e sociale, è eversiva, e anzi distruttiva, si configura
come spoliatrice e quindi regressiva, reazionaria. Tanto più se (perché?) non
ne ha coscienza.
È concetto politico emerso con la
Restaurazione, quindi va per i due secoli, a significare il rifiuto, filosofico,
politico e psicologico, del passato, racchiuso nel sacco della conservazione e
quindi da buttare. Mentre ne ha bisogno. Costitutivamente: come sapienza (per
differenza, per confronto) e come mezzo di difesa.
Ma fu a lungo in Francia, dove il temine
è emerso, derivato dalla geografia parlamentare nell’emiciclo, concetto
socialmente equivoco: per tutto l’Ottocento denominò la borghesia. Il nascente
movimento socialista se ne distingueva.
Nelle sue analisi più conseguenti
s’impersona, specie in Francia, in studiosi di formazione liberale, Bruckner, Latouche,
Michéa studioso di Orwell, e nelle generazione precedente Debord e Castoriadis,
con radici in Mauss e “l’economia del dono”. Mentre i “nuovi filosofi” di
quarant’anni fa, gli ultimi di formazione marxista, Berrnard-Henri Lévy , Finkielkraut,
Grossmann, hanno deviato sull’imperialismo e perfino sul razzismo e il fascismo.
Umanismo
-
La “morte dell’uomo” decreta Heidegger con la “Lettera sull’umanismo”, e poi la
filosofia francese, strutturalista e\o postmodernista. Nello stesso tempo che i
tre quarti del globo già colonizzati, India e Cina comprese, si appropriavano
dello statuto di uomini. Può essere la “morte dell’uomo” la “morte dell’Europa”
– o della Germania (o di Heidegger)?
Vita – Si dice che
la vita è dono ma non è un modo di dire, non ha altro senso: la vita è
gratuità. In tutte le sue manifestazioni o modi di essere, dal concepimento
alla gioia e alla tristezza, la memoria compresa e la voglia di fare.
zeulig@antiit.eu
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