Nell’intervista seduti
con Fabio Fazio, peraltro correttamente impostata dal conduttore su noi e l’Europa,
il presidente Napolitano ha ridotto la crisi a un malinteso: “Eravamo abituati
che ogni anno stavamo un po’ meglio”. Napolitano avrà dunque presieduto alla
più grave crisi dell’economia della Repubblica, da cui l’Italia, ammesso che si
riprenda, resterà segnata pe sempre, ridimensionata, ridotta a una qualsiasi provincia
del mondo, senza accorgersene. Senza sua colpa, da politico che fa la politica
giorno per giorno: debolmente.
Lui stesso lo riconosce,
ma con lo spirito del galantuomo: “Abbiamo sfiorato la storia senza accorgercene",
ricorda bonario delle due ore di discussioni tranquille a Bonn con i socialisti
tedeschi. Sempre molto aperti al Pci, il partito Comunista italiano, per la
paura allora dominante dei russi a Berlino. Salvo sentire, poco dopo in treno,
che il Muro era caduto a Berlino.
La recessione fa il
paio con l’altra sua disattenzione, l’irruzione sconfinata del giudiziario
sulla politica, con modi e a fini polizieschi. Del giudiziario in tutti i suoi
ordini, dalla Consulta in giù. Perfino l’assalto alla sua persona, nel
tentativo di farlo reo di associazione mafiosa, non lo ha scosso.E così, debolmente, Napolitano si
ritroverà fra un mese all’ultimo, probabilmente, suo appuntamento con la storia:
un Renzi, sperando che vinca, contro Grillo. Uno che lo voleva processare per
alto tradimento, e ora convince e vincerà a man bassa agitando la sua terrificante
Europa. La politica non è fatta di buone intenzione, Napolitano sarà fino alla
fine un’occasione perduta.
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