“La
gente del Nord nell’arte di tacere eccelle, e tutti tacevano”, garantisce
Montanelli degli estoni, ai quali insegnò un anno l’italiano. La virtù è
latitudinale.
.“I
bons mots, i calembours, le barzellette sul governo di Milano, quando esso esisteva,
erano ripetuti e tenuti in conto da me come cosa spiritosa e un quadro della
nazione, ma senza piacere. Al contrario, erano presi sul serio, e anche con dolore
da parte mia. Le conseguenze delle verità di cui i milanesi ridevano erano
troppo vivacemente risentite da me. Ero repubblicano”. Questo è “il milanese”
Stendhal, al cap. XVII del suo abortito “Trattato sull’arte di fare le
commedie”, 1813.
La
repubblica non s’addiceva ai milanesi.
Il
vizio di sparare sulla Croce Rossa a Milano è vecchio
Furoreggia
in Belgio il film sulla vita di Rocco Granata, immigrato ragazzo dalla Calabria
al seguito del padre bracciante improvvisatosi minatore. In Belgio Rocco
proseguì lo studio della musica avviato al paese, si comprò una fisarmonica,
non potendosi comprare il piano, e improvvisando divenne famoso giovanissimo,
nel 1959, con la canzone “Marina”. Dopodiché, per una vita, è rimasto onorato e richiesto in Belgio,
ma senza echi in Italia.
È
vero però, come dice a “Io Donna” Lo Cascio, che nel film interpreta il padre,
che “il padre di Matteo Simoni, il
ragazzo che interpreta Rocco, è un architetto e in famiglia parlano fiammingo”
- nipote di un nonno anche lui minatore improvvisato.
I
camorristi Rito Calzone e Carmine Amato si sono fatti fotografare con Mourinho.
Un Mourinho giovane: era il 2006, a Barcellona. E ora vanno mostrando la foto
in giro: se erano a Barcellona non potevano fare i killer a Napoli. Quello della
malavita organizzata sembra sempre più un film.
La scomparsa di
Napoli
Napoli
più di Pompei è diventata la città del silenzio. Non canta, non grida, non urla
più, non fa notizia. I napoletani si possono anche ammazzare in pieno centro,
non gliene frega nulla a nessuno. Che poi i delinquenti non sono “napoletani”
naturalmente ma casertani, giuglianesi o, quasi tutti ora di Casal di Principe,
che dev’essere un vesuvio ribollente d’infamie, ne ributta in continuazione da
venti o trent’anni, come una volta erano di Scampia. Perché anche Napoli non
scherza in fatto di cancellazioni, più che altro ora inventa frasi fatte, di
rito e scontate.
Non
c’è più nemmeno il Vesuvio, a proposito, latita pure il vulcano. E il santo: san Gennaro,
declassato a santo locale, se la dev’essere presa. Non si sono
canzoni napoletane a Sanremo, e nelle interminabili serate Rai. Non ci sono comici
napoletani a Zelig, a Colorado e al cinema – Salemme si deve camuffare con
qualcosa di nordico. E anche i dintorni
sono spopolati. Nonché il Vesuvio, non ci sono più spiagge né isole attorno, sirene,
limoni, città romane.
È
curioso ma è un fatto. Di cui la città non ha colpa naturalmente, la città fa
del suo meglio, cioè del suo peggio, per farsi notare: un sindaco incapace e
nepotista, una giustizia ancien régime,
corriva alla corruzione, spente la musica e la poesia per cui la città
eccelleva, la sartoria maschile, quella
femminile, e la cucina, già così appetitosa. Perfino il tifo della
squadra sembra contagioso, dovunque si reca fa chiudere gli stati locali. Ma un
po’ di colpa è anche sua, della città, come un piacere maligno di cancellarsi.
Raccomandazioni
Le
“visite” sono un classico della burocrazia francese, coltivare le amicizie, anche
tra i letterati, anzi specialmente tra di loro: tuttora si fanno per candidarsi
all’Accademia. La “visite” al prefetto o al ministro, anche ala moglie del
prefetto o del ministro, non sono cose del romanzo dell’Ottocento, ma di routine. Per un appalto, un posto, una
promozione. Con la promessa sottintesa di un contraccambio se l’occasione si
presenta.
In
Francia le “visite” fanno letteratura. Amabile. Anche a Milano la farebbero, se
se ne parlasse. Al Sud invece sono corruzione. Anche se si evitano, per
l’occhio della gente, non si sa mai, dei carabinieri, dei loro informatori.
L’antimafia
(anti)fascista
Carmelo
Marzano, il questore di Reggio che prese tutti i latitanti dell’Aspromonte, 400
e passa, nell’estate di sessant’anni fa, con squadre in assetto di guerra,
imponendo il coprifuoco, spopolando le piazze con ceffoni e calci di fucile,
era “individuo bieco e crudele” in una denuncia a Mussolini nel 1943. Di anonimo
che però non inventava, probabile funzionario di Polizia secondo Mimmo
Franzinelli, lo storico che ha analizzato gli archivi della delazione negli
anni del fascismo, e dettagliava il comportamento dei vertici della Polizia
stessa il 25 luglio.
Fu
di Marzano l’idea di arrestare Mussolini, secondo l’anonimo bene informato: “Il
Dott. Marzano suggerì e preparò l’autoambulanza della Polizia per rinchiudervi
il Duce quando usciva da Casa Reale”. Per un guadagno: “Senise (il capo della Polizia,
n.d.r.) dette generosi premi in denaro per la «brillante operazione»”.
leuzzi@antiit.eu
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