L’inefficienza, e anzi
il cumulo di errori, della Ue nella crisi del debito il “Financial Times”
documenta, nella serie “La crisi dell’Euro”, 13-15 maggio, a fronte della
chiarezza di vedute Usa. Un quadro facendo emergere di un’Europa stupida più
che cattiva, rappresentandola per antifrasi come gelosa della propria
autonomia, seppure a fin catastrofici (ma non per tutti, questo è il punto, che
il “Financial Times” trascura).
La spinta americana lo
stesso Geithner nelle sue memorie ricorda, sempre senza giri di parole,
parlando di Draghi nell’state del 2012: “Quel
luglio, io e lui avemmo molte conversazioni. Gli dissi che non esisteva un
piano capace di funzionare, che potesse ricevere il supporto della Bundesbank”.
Il fatto era del resto noto in Banca d’Italia e alla Farnesina, registrato da questo
sito, il 17
giugno
e il 30 giugno
Siamo al G 20 di Cannes
ai primi di novembre 2011, nella serie “FT”: “Per mesi l’amministrazione Obama
era venuta guardando
alla crisi dell’eurozona con frustrazione e crescente preoccupazione”. Il
segretario al Tesoro Geithner e i suoi vice avevano avuto numerosi infruttiferi
contatti con le capitali europee. Gli europei “sospettavano” – così l’“FT” –
Washington di volere il salvataggio dell’euro per evitare una recessione in
Europa, e così garantire la rielezione di Obama. Niente di meno.
“Il disagio era
sintetizzato dal rapporto con Ms Merkel, che in più occasioni trovò
l’intervento americano improprio e non benvenuto. Berlino aveva spinto per
avere il Fondo Monetario, basato a Washington, parte della riposta alla crisi.
Ma quando Obama si intrometteva, Ms Merkel diceva ai colleghi che le decisioni
europee dovevano essere prese in Europa”. I due, dice l’“Ft”, “benché
similmente cerebrali e non emotivi”, sono diversi, Obama pedagogico, Merkel
insofferente.
Una grande foto ha questa
didascalia: “I leader europei si dissero sorpresi che Barack Obama fosse così
impegnato nella crisi dell’eurozona”. E “tuttavia, molti a Bruxelles,
Francoforte e Parigi apprezzarono l’intervento americano, in particolare come
un contrappeso a Berlino”. A Francoforte, cioè alla Banca centrale europea.
Esponenti americani affermano di essere stati spesso trascinati in dispute tra
capitali europee in contesa tra di loro, e invitati a fare pressioni sui
tedeschi per muoversi con decisione. In altre occasioni, dicono, il governo
tedesco chiese a Washington di spingere paesi dell’eurozona in difficoltà a
realizzare le riforme promesse”.
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