domenica 18 maggio 2014

Gli Usa volevano risolta la crisi euro, l’Europa no

L’inefficienza, e anzi il cumulo di errori, della Ue nella crisi del debito il “Financial Times” documenta, nella serie “La crisi dell’Euro”, 13-15 maggio, a fronte della chiarezza di vedute Usa. Un quadro facendo emergere di un’Europa stupida più che cattiva, rappresentandola per antifrasi come gelosa della propria autonomia, seppure a fin catastrofici (ma non per tutti, questo è il punto, che il “Financial Times” trascura).
La spinta americana lo stesso Geithner nelle sue memorie ricorda, sempre senza giri di parole, parlando di Draghi nell’state del 2012: “Quel luglio, io e lui avemmo molte conversazioni. Gli dissi che non esisteva un piano capace di funzionare, che potesse ricevere il supporto della Bundesbank”. Il fatto era del resto noto in Banca d’Italia e alla Farnesina, registrato da questo sito, il 17 giugno
e il 30 giugno

Siamo al G 20 di Cannes ai primi di novembre 2011, nella serie “FT”: “Per mesi l’amministrazione Obama
era venuta guardando alla crisi dell’eurozona con frustrazione e crescente preoccupazione”. Il segretario al Tesoro Geithner e i suoi vice avevano avuto numerosi infruttiferi contatti con le capitali europee. Gli europei “sospettavano” – così l’“FT” – Washington di volere il salvataggio dell’euro per evitare una recessione in Europa, e così garantire la rielezione di Obama. Niente di meno.
“Il disagio era sintetizzato dal rapporto con Ms Merkel, che in più occasioni trovò l’intervento americano improprio e non benvenuto. Berlino aveva spinto per avere il Fondo Monetario, basato a Washington, parte della riposta alla crisi. Ma quando Obama si intrometteva, Ms Merkel diceva ai colleghi che le decisioni europee dovevano essere prese in Europa”. I due, dice l’“Ft”, “benché similmente cerebrali e non emotivi”, sono diversi, Obama pedagogico, Merkel insofferente.

Una grande foto ha questa didascalia: “I leader europei si dissero sorpresi che Barack Obama fosse così impegnato nella crisi dell’eurozona”. E “tuttavia, molti a Bruxelles, Francoforte e Parigi apprezzarono l’intervento americano, in particolare come un contrappeso a Berlino”. A Francoforte, cioè alla Banca centrale europea. Esponenti americani affermano di essere stati spesso trascinati in dispute tra capitali europee in contesa tra di loro, e invitati a fare pressioni sui tedeschi per muoversi con decisione. In altre occasioni, dicono, il governo tedesco chiese a Washington di spingere paesi dell’eurozona in difficoltà a realizzare le riforme promesse”.

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