Gli antibiotici non hanno più presa su
alcuni batteri. Uno di questi è il vibrione del colera, nella forma attenuata
(ma mortale) dell’Escherichia Coli. Non è un germe extracomunitario, ultimamente
ha colpito la Germania – un episodio di cui non si parla che “Gentile Germani”
di Giuseppe Leuzzi ha ricostruito, al cap. “Il colera a Amburgo”:
Il
Nord certo è migliore, ma in Germania più che altrove. Dove, se non altro, si
può trattare. In Germania invece no, c’è una sola verità e non si può
mercanteggiare. Soprattutto non in affari.
Mentre si svendevano i Btp italiani, un’epidemia di colera che aveva
investito Amburgo, infettando numerose persone, fu scaricata anch’essa sui
latini, nella fattispecie sui cetrioli spagnoli. Successe a fine maggio del
fatale 2011: una dozzina di persone in vari paesi ne morirono, che avevano
contratto la infezione a Amburgo, dov’erano stati per vacanza o lavoro,
mangiando l’insalata. Impensabile – l’ultima epidemia
di colera in Europa s’era avuta a Napoli nel 1973, ma con meno morti.
Il colera a Amburgo fu addebitato ai cetrioli di Almeria -
che può venire di buono dalla Spagna? Senza neppure controllare se non erano
stati lavati con acqua sporca dall’importatore, o trattati con sostanze
infettive. Senza neppure urgenza d’accertare la verità, anche se le persone
morivano, tutte passate per Amburgo – magari solo per andare a puttane a Sankt
Pauli. Poi si tralasciarono i cetrioli, perché la Spagna è un suddito comodo.
Ma senza scusarsi, col mondo se non con la Spagna: per uno di Amburgo già i
bavaresi sono sospetti, figurarsi il resto del mondo – l’etica protestante è
della superiorità: io e il mio Dio.
Fare affari è difficile ovunque, ma in Germania in modo
particolare. Nessuno ha mai potuto rilevare nulla in Germania, neppure una
drogheria. Un solo caso si ricorda, della Opel salvata dagli Usa, ma erano gli
anni della guerra fredda, la Germania non poté opporsi. E Hypovereinsbank, la
banca di Monaco, che però Unicredit si limita a gestire, per riportarla in bonis, evitandone il fallimento.
Quando la Fiat volle rilevare la Opel di nuovo al collasso il muro fu alzato invalicabile.
Pirelli, che ci aveva provato con la Continental, dopo esserci riuscita con
l’inglese Dunlop, pagò caro il tentativo. Anche Olivetti ci ha provato, a fine
anni 1980, con la mezzo fallita Triumph Adler: Franco Tatò, manager Olivetti
tedescofilo, ne fu così scottato che ci scrisse su un libro, intitolato Autunno tedesco benché all’indomani
della riunificazione, e le dita ancora gli bruciano.
Il
contrario invece è sempre stato ed è possibile: le porte sono aperte in Italia
ai capitali tedeschi. Anche perché, va detto, gli italiani ammirano la
Germania. Per tutto il fatidico 2012 i giornalisti Massimo Mucchetti e Oscar
Giannino s’illustrarono con una campagna anti Fiat, colpevole di non voler
cedere l’Alfa Romeo alla Volkswagen. La Fiat diceva di no, che l’Alfa non è in
vendita, e i due insistevano che sì, l’Alfa andava venduta a Vw. Leoluca
Orlando, il politico siciliano, allora potente democristiano, che il distretto
minerario di Agrigento trent’anni fa sacrificò alla Salz u. Kali, dea germanica
dei sali potassici marocchini, nel 2004 si ebbe in dono una laurea in
Filosofia, anche se da un’università secondaria, pronuba la stessa divinità.
C’è
bisogno della Germania e quindi siamo tutti germanofili. Ma poi non potremo
dire che non c’eravamo, non vedevamo, non
sentivamo: la Germania non si nasconde.
Il
colera di Amburgo si chiamava Escherichia
Coli. Non si può dire ma questo fu: il Dizionario
medico della Fondazione Veronesi l’ha spiegato in tempi non sospetti, una
decina d’anni prima. L’Escherichia Coli diventa cattivo in vari modi, ma si limita
a forme di dissenteria. Non gravi, eccetto una: “Alcuni ceppi di E.coli secernono una tossina che agisce in
modo simile a quella prodotta dal vibrione del colera Vibrio cholerae”.
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