venerdì 9 maggio 2014

Il colera a Amburgo

Gli antibiotici non hanno più presa su alcuni batteri. Uno di questi è il vibrione del colera, nella forma attenuata (ma mortale) dell’Escherichia Coli. Non è un germe extracomunitario, ultimamente ha colpito la Germania – un episodio di cui non si parla che “Gentile Germani” di Giuseppe Leuzzi ha ricostruito, al cap. “Il colera a Amburgo”:
Il Nord certo è migliore, ma in Germania più che altrove. Dove, se non altro, si può trattare. In Germania invece no, c’è una sola verità e non si può mercanteggiare. Soprattutto non in affari.
Mentre si svendevano i Btp italiani, un’epidemia di colera che aveva investito Amburgo, infettando numerose persone, fu scaricata anch’essa sui latini, nella fattispecie sui cetrioli spagnoli. Successe a fine maggio del fatale 2011: una dozzina di persone in vari paesi ne morirono, che avevano contratto la infezione a Amburgo, dov’erano stati per vacanza o lavoro, mangiando l’insalata. Impensabile – l’ultima epidemia di colera in Europa s’era avuta a Napoli nel 1973, ma con meno morti.
Il colera a Amburgo fu addebitato ai cetrioli di Almeria - che può venire di buono dalla Spagna? Senza neppure controllare se non erano stati lavati con acqua sporca dall’importatore, o trattati con sostanze infettive. Senza neppure urgenza d’accertare la verità, anche se le persone morivano, tutte passate per Amburgo – magari solo per andare a puttane a Sankt Pauli. Poi si tralasciarono i cetrioli, perché la Spagna è un suddito comodo. Ma senza scusarsi, col mondo se non con la Spagna: per uno di Amburgo già i bavaresi sono sospetti, figurarsi il resto del mondo – l’etica protestante è della superiorità: io e il mio Dio.
Fare affari è difficile ovunque, ma in Germania in modo particolare. Nessuno ha mai potuto rilevare nulla in Germania, neppure una drogheria. Un solo caso si ricorda, della Opel salvata dagli Usa, ma erano gli anni della guerra fredda, la Germania non poté opporsi. E Hypovereinsbank, la banca di Monaco, che però Unicredit si limita a gestire, per riportarla in bonis, evitandone il fallimento. Quando la Fiat volle rilevare la Opel di nuovo al collasso il muro fu alzato invalicabile. Pirelli, che ci aveva provato con la Continental, dopo esserci riuscita con l’inglese Dunlop, pagò caro il tentativo. Anche Olivetti ci ha provato, a fine anni 1980, con la mezzo fallita Triumph Adler: Franco Tatò, manager Olivetti tedescofilo, ne fu così scottato che ci scrisse su un libro, intitolato Autunno tedesco benché all’indomani della riunificazione, e le dita ancora gli bruciano. 
Il contrario invece è sempre stato ed è possibile: le porte sono aperte in Italia ai capitali tedeschi. Anche perché, va detto, gli italiani ammirano la Germania. Per tutto il fatidico 2012 i giornalisti Massimo Mucchetti e Oscar Giannino s’illustrarono con una campagna anti Fiat, colpevole di non voler cedere l’Alfa Romeo alla Volkswagen. La Fiat diceva di no, che l’Alfa non è in vendita, e i due insistevano che sì, l’Alfa andava venduta a Vw. Leoluca Orlando, il politico siciliano, allora potente democristiano, che il distretto minerario di Agrigento trent’anni fa sacrificò alla Salz u. Kali, dea germanica dei sali potassici marocchini, nel 2004 si ebbe in dono una laurea in Filosofia, anche se da un’università secondaria, pronuba la stessa divinità.
C’è bisogno della Germania e quindi siamo tutti germanofili. Ma poi non potremo dire che non c’eravamo, non vedevamo, non  sentivamo: la Germania non si nasconde.
Il colera di Amburgo si chiamava Escherichia Coli. Non si può dire ma questo fu: il Dizionario medico della Fondazione Veronesi l’ha spiegato in tempi non sospetti, una decina d’anni prima. L’Escherichia Coli diventa cattivo in vari modi, ma si limita a forme di dissenteria. Non gravi, eccetto una: “Alcuni ceppi di E.coli secernono una tossina che agisce in modo simile a quella prodotta dal vibrione del colera Vibrio cholerae”.

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