Da Astolfo, “La
morte è giovane”, romanzo “storico” in via di pubblicazione, un breve excursus
sul 1974-1975, quando Andreotti denunciava complotti a ripetizione, a carico dell’onorevole
Moro, a opera ora del generale Miceli, dopo quello di De Lorenzo:
“L’onorevole Andreotti non è solo,
la vigilanza è massima. Su L’Espresso
e Panorama i golpe si rincorrono.
Prima a settimane alterne, ora in contemporanea. L’ingegner Francia vuole
avvelenare l’acqua. Delle Chiaie rapire ventitré notabili. Il principe Borghese
prendere Roma coi forestali di Gualdo Tadino – un’altra volta? Gheddafi
bombardare gli aeroporti. La massoneria voleva rapire il presidente Saragat. Un
golpe preparano i militari. Un altro i capi della Resistenza Sogno e Pacciardi.
E un Fumagalli Carlo, eponimo lombardo. Carlo Cassola invece organizza un
gruppo anticomplotto – lui è pacifista e complotta contro le Forze Armate.
“I golpe contati tra gennaio e Pasqua
sono venti o ventuno. Candelotti di dinamite si scoprono in tempo in posti
impervi delle ferrovie, in galleria, sotto i ponti, altri deflagrano talvolta
senza vittime. Borghese è il Principe Nero, personaggio di Conan Doyle venuto
utile in Libia prima che in Italia, nonché figlio di Edoardo III, il re
d’Inghilterra che si disse re di Francia, e per lui scatenò la guerra dei
Cent’Anni, vincendo a Poitiers. I reduci del Principe si sono persi per strada.
Il commando che doveva rapire il capo
della polizia Vicari ha prima sbagliato numero civico, poi è rimasto bloccato
in ascensore tutta la notte, avendolo sovraccaricato. Ma non si può ridere del
complotto, i bolscevichi presero il Palazzo d’Inverno entrando alla spicciolata
da una porta secondaria rimasta aperta.
È
una sofferenza. Non per l’Italia, che forse ci gioca – oppure no? È un vezzo
terzomondista di segnalare golpe annunciati a ogni passo. Non che il Terzo
mondo ne difetti, ma il golpe annunciato sa di classico, della disinformazione:
“Ti butto un golpe tra i piedi”, si potrebbe dire. Per primi gli ateniesi
dormivano “fuori la notte in armi”, narra Tucidide, quando uno spione s’inventò
il golpe di Alcibiade. Liquidato il quale fallirono la conquista della Sicilia,
che li avrebbe resi padroni del Mediterraneo, e duemila anni di storia, e
persero la stessa Atene. E sempre c’è il sospetto dell’ignoranza consapevole,
il metodo socratico della verità simulata, far credere che si sa pure ciò che
s’ignora. È il vizio di chi, sapendo quello che non sa, pensa di doverlo
denunciare come complotto - ciò che fa il piccolo borghese, nel fascismo e
dopo, il soggetto politico contemporaneo, delle democrazie. Bacone per questo
spregia la Fama, l’opinione pubblica: la natura del popolo essendo “malvagia e
triste, e propensa alle novità”, i turbolenti se ne giovano con “pettegolezzi,
malignità, denigrazioni, ricatti”, per muovere alla “femminea invidia verso
coloro che governano” – il complotto è femmina per il barone di Verulamio, la
ribellione maschio. Il popolo sospetta di tutto, la democrazia ateniese è una
serie di complotti, democratica solo perché spesso sovvertita. Ma sempre ci
vuole un giudice per un complotto.
“E
se le cose occulte poi avvengono? Si veda negli Usa, dove sono teatro a scena
aperta, e “Tania” si reincarna, ultima compagna del Che in Bolivia, per
svaligiare banche. Rapita dai Simbionesi, tra un colpo e l’altro ci fa l’amore,
scrivendolo ai suoi genitori, gli editori Hearst. Dev’essere novità eccitante,
per chi è stata virginea fidanzata d’America. Per quanto, se si dicono
simbionesi devono sapere il greco.
“Congiura
avrebbe più senso che complotto, filologico e storico, più onorevole. È anzi
per alcuni, Francesco Patrizi, la
storia. Oppure è la rivoluzione: “Fra tutte le imprese degli uomini nessuna è
grande come la Congiura”, scrive l’abate di Saint-Réa, lo stesso della Congiura degli Spagnoli contro Venezia,
allievo dei gesuiti: “(Sono) questi i luoghi della storia più morali e
istruttivi”. Ma la retorica è politica, così com’è storia e giustizia, là dove modella
la storia e la giustizia. E molta politica è retorica, un bel dire: Marx lo
scoprì di Machiavelli, che riscriveva Sallustio, La congiura di Catilina, o Tacito, che aveva rifatto Sallustio. E
dunque il complotto è progetto politico, non rivoluzionario.
“L’ingegner
Francia non è ingegnoso, chiunque può
avvelenare l’acquedotto - è il complotto classico, il ruolo che si dava agli
ebrei nella preparazione dei pogrom,
di avvelenatori dei pozzi. Di Gheddafi si danno i campi per terroristi, con
liste dei partecipanti, nomi arabi incerti, in articoli anonimi. Che il Pazzo
potrebbe scriversi da sé, è vanitoso, senza scomodare il Mossad. Roscioni
individua nell’Esploratore Turco
Paolo Marana un mitomane che prosperava nel Seicento inventando complotti. Il
sospetto è un bisogno umano, non solo di preti e prefetti. Ma l’Imitazione di Cristo contesta la “magna
cavillatio de occultis et obscuris rebus”.
“I
complotti hanno il difetto, o pregio, che sono già successi. In 1984 è scritto pure il tempo che farà. E
Kant lo spiega: non si può dimostrare un fatto attraverso una deduzione.
Chiunque può mettere una bomba nella
metropolitana, le stazioni in ogni città sono centinaia. Il terrore è il
pesce nell’acqua, insegna il Vecchio della Montagna, penetra ogni protezione,
non c’è filtro che tenga. Ma è anche vero che dedurre fa bene, non soltanto a
Bacone e Sherlock Holmes. Il terrorismo è organizzazione, le bombe non si
mettono da sole.”
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