sabato 3 maggio 2014

Il complotto che non c’è è un complotto

Da Astolfo, “La morte è giovane”, romanzo “storico” in via di pubblicazione, un breve excursus sul 1974-1975, quando Andreotti denunciava complotti a ripetizione, a carico dell’onorevole Moro, a opera ora del generale Miceli, dopo quello di De Lorenzo:
L’onorevole Andreotti non è solo, la vigilanza è massima. Su L’Espresso e Panorama i golpe si rincorrono. Prima a settimane alterne, ora in contemporanea. L’ingegner Francia vuole avvelenare l’acqua. Delle Chiaie rapire ventitré notabili. Il principe Borghese prendere Roma coi forestali di Gualdo Tadino – un’altra volta? Gheddafi bombardare gli aeroporti. La massoneria voleva rapire il presidente Saragat. Un golpe preparano i militari. Un altro i capi della Resistenza Sogno e Pacciardi. E un Fumagalli Carlo, eponimo lombardo. Carlo Cassola invece organizza un gruppo anticomplotto – lui è pacifista e complotta contro le Forze Armate.
“I golpe contati tra gennaio e Pasqua sono venti o ventuno. Candelotti di dinamite si scoprono in tempo in posti impervi delle ferrovie, in galleria, sotto i ponti, altri deflagrano talvolta senza vittime. Borghese è il Principe Nero, personaggio di Conan Doyle venuto utile in Libia prima che in Italia, nonché figlio di Edoardo III, il re d’Inghilterra che si disse re di Francia, e per lui scatenò la guerra dei Cent’Anni, vincendo a Poitiers. I reduci del Principe si sono persi per strada. Il commando che doveva rapire il capo della polizia Vicari ha prima sbagliato numero civico, poi è rimasto bloccato in ascensore tutta la notte, avendolo sovraccaricato. Ma non si può ridere del complotto, i bolscevichi presero il Palazzo d’Inverno entrando alla spicciolata da una porta secondaria rimasta aperta.
È una sofferenza. Non per l’Italia, che forse ci gioca – oppure no? È un vezzo terzomondista di segnalare golpe annunciati a ogni passo. Non che il Terzo mondo ne difetti, ma il golpe annunciato sa di classico, della disinformazione: “Ti butto un golpe tra i piedi”, si potrebbe dire. Per primi gli ateniesi dormivano “fuori la notte in armi”, narra Tucidide, quando uno spione s’inventò il golpe di Alcibiade. Liquidato il quale fallirono la conquista della Sicilia, che li avrebbe resi padroni del Mediterraneo, e duemila anni di storia, e persero la stessa Atene. E sempre c’è il sospetto dell’ignoranza consapevole, il metodo socratico della verità simulata, far credere che si sa pure ciò che s’ignora. È il vizio di chi, sapendo quello che non sa, pensa di doverlo denunciare come complotto - ciò che fa il piccolo borghese, nel fascismo e dopo, il soggetto politico contemporaneo, delle democrazie. Bacone per questo spregia la Fama, l’opinione pubblica: la natura del popolo essendo “malvagia e triste, e propensa alle novità”, i turbolenti se ne giovano con “pettegolezzi, malignità, denigrazioni, ricatti”, per muovere alla “femminea invidia verso coloro che governano” – il complotto è femmina per il barone di Verulamio, la ribellione maschio. Il popolo sospetta di tutto, la democrazia ateniese è una serie di complotti, democratica solo perché spesso sovvertita. Ma sempre ci vuole un giudice per un complotto.
“E se le cose occulte poi avvengono? Si veda negli Usa, dove sono teatro a scena aperta, e “Tania” si reincarna, ultima compagna del Che in Bolivia, per svaligiare banche. Rapita dai Simbionesi, tra un colpo e l’altro ci fa l’amore, scrivendolo ai suoi genitori, gli editori Hearst. Dev’essere novità eccitante, per chi è stata virginea fidanzata d’America. Per quanto, se si dicono simbionesi devono sapere il greco.
“Congiura avrebbe più senso che complotto, filologico e storico, più onorevole. È anzi per alcuni,  Francesco Patrizi, la storia. Oppure è la rivoluzione: “Fra tutte le imprese degli uomini nessuna è grande come la Congiura”, scrive l’abate di Saint-Réa, lo stesso della Congiura degli Spagnoli contro Venezia, allievo dei gesuiti: “(Sono) questi i luoghi della storia più morali e istruttivi”. Ma la retorica è politica, così com’è storia e giustizia, là dove modella la storia e la giustizia. E molta politica è retorica, un bel dire: Marx lo scoprì di Machiavelli, che riscriveva Sallustio, La congiura di Catilina, o Tacito, che aveva rifatto Sallustio. E dunque il complotto è progetto politico, non rivoluzionario.
“L’ingegner Francia non è ingegnoso, chiunque può avvelenare l’acquedotto - è il complotto classico, il ruolo che si dava agli ebrei nella preparazione dei pogrom, di avvelenatori dei pozzi. Di Gheddafi si danno i campi per terroristi, con liste dei partecipanti, nomi arabi incerti, in articoli anonimi. Che il Pazzo potrebbe scriversi da sé, è vanitoso, senza scomodare il Mossad. Roscioni individua nell’Esploratore Turco Paolo Marana un mitomane che prosperava nel Seicento inventando complotti. Il sospetto è un bisogno umano, non solo di preti e prefetti. Ma l’Imitazione di Cristo contesta la “magna cavillatio de occultis et obscuris rebus”.
“I complotti hanno il difetto, o pregio, che sono già successi. In 1984 è scritto pure il tempo che farà. E Kant lo spiega: non si può dimostrare un fatto attraverso una deduzione. Chiunque può mettere una bomba nella metropolitana, le stazioni in ogni città sono centinaia. Il terrore è il pesce nell’acqua, insegna il Vecchio della Montagna, penetra ogni protezione, non c’è filtro che tenga. Ma è anche vero che dedurre fa bene, non soltanto a Bacone e Sherlock Holmes. Il terrorismo è organizzazione, le bombe non si mettono da sole.”

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