Al Csm che indaga sulla
lite Robledo-Bruti Liberati, vice e capo della Procura di Milano, si conferma
che l’azione penale è discrezionale e non obbligatoria, e che non c’è un
giudice “naturale”, a garanzia della terzietà e dei diritti della difesa. Quando
si è trattato di indagare Berlusconi che telefonava in questura per Ruby, Bruti
Liberati ha deciso che se ne doveva occupare la giudice Boccassini e non un
altro giudice del pool di Robledo, competente per i reati contro la Pubblica
Amministrazione. Senza nemmeno derubricare l’ipotesi di reato (i giudici spesso
“camuffano” i reati, per rendersene competenti in fatto di diritto): per atto d’imperio.
Questo succede a Milano,
ma Milano non è probabilmente un’eccezione. Il fatto peraltro avviene senza
scandalo, non di Milano né dei giornali, e nemmeno del Csm. Anzi, nella lite
col suo vice, Bruti Liberati porta la discrezionalità a sua discolpa. Né si preoccupa
di smentire la tesi berlusconiana che a Milano esiste un pool anti-Berlusconi.
Berlusconi non è il
solo caso, le omissioni della Procura di Milano sono forse più gravi. Sempre
senza conseguenze. Nella lite Robledo-Bruti Liberati si vede che ciò è
possibile per la filiera: Procuratore Capo di nomina politica
>>>>>> Sindacato (partito) di appartenenza >>>>>> Csm
>>>>>> presidente della Repubblica. Una camicia di forza più
che una procedura giuridica.
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