giovedì 8 maggio 2014

Il giudice è à la carte

Al Csm che indaga sulla lite Robledo-Bruti Liberati, vice e capo della Procura di Milano, si conferma che l’azione penale è discrezionale e non obbligatoria, e che non c’è un giudice “naturale”, a garanzia della terzietà e dei diritti della difesa. Quando si è trattato di indagare Berlusconi che telefonava in questura per Ruby, Bruti Liberati ha deciso che se ne doveva occupare la giudice Boccassini e non un altro giudice del pool di Robledo, competente per i reati contro la Pubblica Amministrazione. Senza nemmeno derubricare l’ipotesi di reato (i giudici spesso “camuffano” i reati, per rendersene competenti in fatto di diritto): per atto d’imperio.
Questo succede a Milano, ma Milano non è probabilmente un’eccezione. Il fatto peraltro avviene senza scandalo, non di Milano né dei giornali, e nemmeno del Csm. Anzi, nella lite col suo vice, Bruti Liberati porta la discrezionalità a sua discolpa. Né si preoccupa di smentire la tesi berlusconiana che a Milano esiste un pool anti-Berlusconi.
Berlusconi non è il solo caso, le omissioni della Procura di Milano sono forse più gravi. Sempre senza conseguenze. Nella lite Robledo-Bruti Liberati si vede che ciò è possibile per la filiera: Procuratore Capo di nomina politica >>>>>> Sindacato (partito) di appartenenza  >>>>>> Csm >>>>>> presidente della Repubblica. Una camicia di forza più che una procedura giuridica.

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