martedì 6 maggio 2014

Il mondo com'è (172)

astolfo

Destra-Sinistra – Stefan Kornelius, capo-redattore di politica estera alla “Süddeutsche Zeitung” di Monaco, quotidiano di sinistra, ha scritto una biografia “autorizzata”, cioè benevola, di Angela Merrkel, “Die Kanzlerin und ihre Welt”, di cui sancisce che “è stata catapultata alla leadership dell’Europa”. Telefonando a Napolitano, il primo presidente (ex) comunista della Repubblica?

Kornelius dice che Angela Merkel subì “feroce pressione”, testuale, dagli Stati Uniti che volevano la Georgia e l’Ucraina nella Nato. C’è sempre uno più a destra di un altro.

Europa – È un mercato, a concorrenza spietata. Tanto più per essere agito da potenze indipendenti, e quindi con metodi mercantilistici, di protezionismo cioè, seppure non dichiarato, e a scapito dei concorrenti, cosa che non necessariamente nel mercato avviene, e comunque è regolato da norme uguali per tutti, il contrario che in Europa dove ogni membro fa pesare un peso specifico.
Questo è il punto che la differenza grandemente l’Ue dagli Usa, per esempio, dove il grande mercato interno è uguale per tutti, non ci sono protezioni statali a favore di un soggetto con un altro di un altro Stato, Google contro Windows, la California contro il Washington – tantomeno una crociata contro lo Stato italiano quella che la Germania di Merkel ha condotto negli anni 2011-2013.
È un mercato a concorrenza illimitata e illimitabile, se non a gradimento degli Stati più forti. È tutta qui l’egemonia tedesca, Che nasce però d’imperio, per una decisione, sia pure collettiva, che configura un’annessione, invece che per concrezione storica, lenta, per adattamenti, quale è degli Stati più robusti, la Francia, la Gran Bretagna e la Spagna, malgrado le divisioni etniche, e la stessa Germania, sotto il “giusto” Bismarck. È tutto qui anche lo squilibrio persistente dell’Italia, la cui unificazione fu un assoggettamente tosco-piemontese, con la cancellazione di ogni riserva meridionale. È tutta qui l’egemonia della Germania, anche se sancita dai Consigli europei, “naturale”, “spontanea”, “effettuale”: non c’è più limite possibile alla concorrenza spietata, che si fa “naturalmente” attorno al pivot più produttivo.

Gesuiti – In una  vertiginosa rievocazione del ruolo di Ignazio di Loyola, il fondatore dei gesuiti, e poi dei gesuiti stessi, nella Controriforma, papa Francesco ne fa la punta di lancia dell’anticalvinismo, nell’ultimo suo saggio tradotto, “Chi sono i gesuiti”. Non dell’antiluteranesimo, ma sì della Riforma di Calvino. Con orgoglio.
Papa Bergoglio inizia a dire che “Calvino li impensieriva più in quanto scismatico che in quanto eretico”. Questo per la verità sarebbe piuttosto Lutero, ma il papa non fa caso della contraddizione. Calvino, prosegue, provocava una ferita intollerabile all’umanità attraverso una duplice frattura, tra ragione ed emozione, tra ragione e cuore, e nella ragione “tra conoscenza speculativa e conoscenza positiva”, la scienza riducendo allo scientismo. “Qui ha origine lo squallore calvinista: una disciplina rigida con una grande sfiducia in ciò che è vitale, il cui fondamento è la fede nella totale corruzione della natura umana”. Che sembrerebbe una condanna. Lo stesso sul secondo punto: “Lo “scisma” dello scientismo spezza l’unità metafisica e provoca uno scisma nel processo intellettivo dell’uomo”.  Invece sono per il gesuita due motivi d’interesse, due sfide.
La ricostruzione del papa, benché non documentata, può essere una giusta interpretazione. I gesuiti hanno sempre avuto, dai tempi del fondatore, una passione per i borderline della religione. In particolare per gli atei. De Lalande, massone professo e ateo, viaggiatore in Italia nel 1768, ricavandone “otto o nove volumi” (Stendhal, “Du rire”, p. 166), era protetto dai gesuiti.

Imperialismo – La pax americana è in Santo Mazzarino, “Introduzione alle guerre puniche”, 68-69: molto simile cioè a quella cartaginese, che si limitava ad assoggettarsi le epicrazie locali, in Sardegna, in Sicilia, in Spagna, lasciando loro una coscienza “nazionale”: etnica, culturale, linguistica. In particolare della grecità delle città e colonie greche in esse comprese.

Media – “Il mezzo è il messaggio” di McLuhan é vero in realtà all’inverso: un “mezzo” senza un messaggio valido (utile, tempestivo, stimolante, solleticatore ) è inerte. I social network, facebook, twitter, etc., come già la email, la tv interattiva, la tv in diretta, la tv, che sembrano confermare McLuhan, invece lo contraddicono. Solleticano un bisogno di socialità che c’era e c’è, in maniera più convincente: non sono infatti le sole proposte di socialità-mercato online, ma solo le due o tre, di un numero molto  elevato, che hanno incontrato un bisogno.
Si può discutere se twitter non affini il gusto della concisione, e perfino dell’epigramma, ma è più certo che il programma ha una risposta perché incontra una domanda.

Provincialismo – È cresciuto mostruosamente, nei giornali, nell’editoria, nelle manifestazioni culturali, con l’internazionalizzazione, e con l’invasione della rete. Che non hanno portato alla sprovincializzazione ma al suo contrario. Non c’è informazione in realtà su cosa succede nel mondo, solo succubismo e gregarismo – in Italia nessuno ha un’opinione sull’Ucraina, la Libia, la stessa Germania con la quale pure convive, o su Lampedusa e le migliaia di immigrati quotidiani. Tutto scivola sui giornalisti, gli opinionisti, i politici, come un tempo sulla zimarra del prete, tutto più o meno un forma indifferente. Assumendo per la quotidianità, se proprio necessario, l’opinione degli altri. Non c’è opinione critica su nulla, nonché sulla guerra: su un libro, una moda, un delitto, un vizio o un vezzo. Giusto l’opinione degli altri, allora magnificata – è solo in Italia che l’ “Economist” è un tempio, con tanto di celebranti in polpe, o lo “Spiegel”.
Poiché la politica non vuole il vuoto, si può presumere che tanta sprovvedutezza non sia ingenua – non può essere ignoranza perché allora sarebbe stata tanto più invadente nel passato. In effetti in qualche modo così è, poiché poi il paese regge, e anzi continua a essere uno dei più ricchi al mondo (è la ricetta del successo di Berlsuconi: tratare l’Italia come paese affluente, invece che con l’ideologia Rai-Democrat del bisogno). Provinciale è, in ogni piano e in ogni risvolto, l’opinione: povera, sciocca.

Repubblica – Il primato italiano, anzi l’esclusiva dell’istituzione repubblicana, repubblicana, per molti secoli, era un fatto notorio, scontato, per Stendhal: “La repubblica, o gli interessi della città, hanno occupato l’Italia dall’anno 900 fino al quindicesimo secolo. Forse, prima ancora dei Romani, la forma repubblicana aveva già formato la mentalità di questo paese”.
Stendhal lo ricorda en passant in “Racine e Shakespeare”, al cap. “Del riso. Saggio filosofico su un soggetto difficile”, par. IV, “Degli ostacoli al ridere”: per lui si ride bene solo in regime monarchico, in quello repubblicano no.

Sinistra – È molto diversa da quella - che si ripropone - di Norberto Bobbio. De Blasio è stato eletto sindaco a New York con poco meno del 75 per cento dei consensi su una piattaforma dell’indifferenza razziale e sessuale. Ha toccato anche l’uguaglianza, ma dubitativamente: la sua immagine e il suo messaggio era la moglie, madre dei suoi figli, nera e già lesbica. A Seattle è stato eletto Ed Murray, che promette una tassa sulla ricchezza, e un salario minimo di 15 dollari l’ora, ma era ed è famoso come attivista gay, promotore del matrimonio monosessuale nel Parlamento statale, lui stesso gay sposato. Anche il Sud si orienta in questo senso: a Jackson, Mississippi, è stato eletto un “nazionalista nero” su una piattaforma socialista, ma molto esposto sui diritti civili.


astolfo@antiit.eu

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