Antipolitica
–
Degli ultimi tre presidenti della Repubblica se ne sono compiaciuti i due
presidenti politici, Scalfaro e Napolitano. Non il presidente “tecnico”,
Ciampi. A sua volta una delle scelte “tecniche” di Scalfaro. Che di suo si può
dire “ l’uomo della Provvidenza” - eletto in questo senso (è il solo modo per
non dirlo un golpista a ripetizione, quale fu).
Destra-sinistra – C’è più di una
morfologia comune nella storia del Novecento. La violenza accomuna. Il fatto
biografico, l’ambivalenza, di Mussolini e tanti altri gerarchi, Goebbels,
Niekisch, etc., l’anticultura, di Goering come del fascismo e del sovietismo
(non di Stalin, curiosamente, come non di Mussolini, ma del loro sistema di
controllo). O, se si vuole, la scelta della realtà – il lavoro, la produzione,
la casa, la sanità – contro la
cultura (l’ozio, il disimpegno, la chiacchiera).
Fascismo – Fu violento,
sempre, anche negli anni del consenso – è l’aspetto che De Felice sottovaluta.
I confinati furono decine di migliaia, condannati cioè senza giudizio. Le violenze
contro gli oppositori centinaia. Gli assassini numerosi. Non c’è solo Matteotti,
tra quelli celebri: c’era stato Gobetti, ci saranno Gramsci e i Rosselli. Molti
ignoti morirono di percosse. Nella sottovalutazione del fascismo in confronto
alle nefandezze ultime del nazismo, la componente violenta si trascura. O si
annega, nell’antisemitismo, nella guerra, nelle fazioni di regime.
Si analizza ancora come “capitalismo
avanzato”, o comunque “guardiano” del capitalismo, mentre fu un’applicazione
perversa del socialismo. Di cui il capitale – non tutto, tra l’altro, specie in
Germania – trovò comodo farsi scudo. Non ultimo per l’efficienza, o funzione di
governo – pur in mezzo alla corruzione, ma allora efficientista. Per il fondo
popolare e anzi di massa, mai realmente tradito. E per il senso dello Stato, seppure
a suo modo, con la spesa sociale e in infrastrutture, e fino al controllo
pubblico dei mezzi di produzione, credito e industrie.
Gesuita - Papa Bergoglio dice: “Gesuita sta nel vocabolario per ipocrita”.
Vero, il vocabolario lo dice “ipocrita e di opportunistiche cautele”. Ma
gesuita è più intrigante che furbo, sempre nel vocabolario – uno che sa scherzare
con la propria presunta ipocrisia. Per questo Giovanni Paolo II non ne volle
sapere, e li escluse dal suo papato.
Guerra – Si “celebra”
per il centenario del 1914, ma non se ne saprebbe dire l’orrore. Con dieci milioni
di morti e quindici di mutilati, i gas, le trincee, le pulizie etiche (deportazioni
in massa, sterminio). Anche nella parte che si può dire di resistenza, l’irredentismo
italiano e slavo. Prodroma alla storia peggiore dell’Europa: sovietismo,
fascismo, nazismo, la seconda ancora più orribile guerra mondiale .
Islam – Terrorismo,
rapimenti, ricatti, anatemi, lapidazioni, inquisizioni, con frustate,
lapidazioni e impiccagioni in piazza, guerre civili, pirateria, schiavismo,
dittature ineliminabili, legislazioni civili regressive: da cinquant’anni il
mondo islamico naviga senza bussola, in un mare di negatività. Dalla “guerra di
liberazione” in Afghanistan. Senza un’autorità, un settore, una voce che si levi in
controtendenza: non un solo paese islamico si distingue per il progresso civile
e politico, nemmeno nell’economia malgrado il petrolio. Letteratura, arti,
filosofia, scienza, religione, non un contributo del mondo islamico si segnala.
L’unico Nobel per la fisica, Abdus Salaam, è legato al nucleare. L’aggiornameto
del diritto islamico, che l’ayatollah poliglotta e cosmopolita Behestì aveva
intrapreso in Iran è finito quarant’anni fa con la dinamite che l’ha fatto saltare
in aria.
Nazionalismo
–
Per quale motivo la “più grande democrazia del mondo”, un miliardo di elettori,
quasi tutti poveri secondo gli standard europei o poco abbienti, vota a destra? Per il nazionalismo. Il nazionalismo
induista, contro i 180 o 200 milioni di mussulmani ancora in india. E il tradizionalismo,
culturale, sociale. E per il decisionismo del leader della destra, Modì. Contro
la tortuosità burocratica. Ma anche per la promessa di un forte autoritarismo –
le masse vogliono essere governate.
Il nazionalismo che l’Europa
vuole negare dopo averlo nutrito, e anzi creato. Da ultimo con le guerra
coloniali, la mobilitazione totale e la resa senza condizioni. In nuce per i più nobili motivi: i
risorgimenti, le autonomie, gli irredentismi, i primati, le missioni. Se non
che il nazionalismo è l’unica ricetta politica identificabile, seppure nella
nebulosa “populismo”, della stessa Europa. Nei paesi orientali e ora anche in
quelli occidentali, in Spagna, in Gran Bretagna. .
Anche il fenomeno Merkel in
Germania è riconducibile al nazionalismo, seppure a basso voltaggio – senza dirlo,
cioè, ma “prima la Germania”. E così lo squallido (fallimentare) gollismo senza
De Gaulle di Sarkozy, che ha finito per esercitarsi contro la Grecia e contro l’Italia,
ginocchioni davanti a Merkel e Obama, al G 20 di Cannes e in Libia.
Populismo
–
Non si può arguire che tutta la politica sia populista, eccetto il partito
Democratico. È singolare, è assurdo.
Su questo stesso metro, concorrenziale,
Forza Italia e 5 Stelle hanno peraltro constituencies
ben più attive e operative delle sterili primarie del Pd. Che peraltro sfruttano la
preminenza nei media, cioè il veicolo principale del populismo. Comuni essendo
le parole d’ordine demagogiche (populiste): giovanilismo, telegenia, quote rosa,
liberalizzazioni, privatizzazioni, riforme - il candidato omogeneizzato è max
trentenne, donna, aggraziata, almeno fisicamente, telegenica, dizione curata, buona memoria, ligia al copione (merito, onestà, “riforme”).
S’intende la demagogia. Di parole
al vento, senza progetto, senza un’organizzazione politica e un appiglio
comunque con la realtà. Nel caso migliore il voto di protesta. Se non che, nel
caso italiano, Bossi-Berlusconi-Di Pietro-Grillo, si segnala invece per la precisione
anche linguistica. Un linguaggio delle cose, avviato da Bossi e tesaurizzato da
Grillo, informato, perfino meticoloso, attento alle insorgenze sempre.
Manca in questo populismo l’ideologia – con la possibile eccezione di Di Pietro,
personaggio poco chiaro, dall’ideologia peraltro confusa? Ma solo nel senso del
libro profetico, Adam Smith o Marx. Perché al contrario l’ideologia c’è, sia in
Bossi sia in Grillo: il localismo e la correttezza, o verità della cose – c’è anche
in Berlusconi, nel liberalismo, l’antiburocratismo, i ceti produttivi, etc., ancorché
a tratti. Grillo sa sempre di che si tratta: sa investigare (andare a fondo),
analizzare e giudicare, da solo, più delle migliori redazioni dei migliori
giornali, incapaci o ipocrite, su ogni evento su cui l’opinione si misura. Il
populismo è semmai rintracciabile nell’opinione pubblica. Nei media: approssimazione, difetto d’informazione, conformismo,
pregiudizio.
Terrorismo – È ricco. Non
è più un fatto di resistenza o di difesa, per quanto mal indirizzato, ma di prepotenza. E a tutti gli effetti reazionario. Ben organizzato e finanziato:
armamenti, logistica, pubblicità. Dispone del meglio, pagato evidentemente a
buon prezzo - l’indutria del male prospera perché si fa con
ricarichi enormi. Dai Talebani a Al Qaeda e Boko Haram.
È anche mussulmano per lo stesso
motivo: perché può disporre di ricchezze non sudate.
astolfo@antiit.eu
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