mercoledì 21 maggio 2014

Il mondo com'è (174)

astolfo
Antipolitica – Degli ultimi tre presidenti della Repubblica se ne sono compiaciuti i due presidenti politici, Scalfaro e Napolitano. Non il presidente “tecnico”, Ciampi. A sua volta una delle scelte “tecniche” di Scalfaro. Che di suo si può dire “ l’uomo della Provvidenza” - eletto in questo senso (è il solo modo per non dirlo un golpista a ripetizione, quale fu).

Destra-sinistra – C’è più di una morfologia comune nella storia del Novecento. La violenza accomuna. Il fatto biografico, l’ambivalenza, di Mussolini e tanti altri gerarchi, Goebbels, Niekisch, etc., l’anticultura, di Goering come del fascismo e del sovietismo (non di Stalin, curiosamente, come non di Mussolini, ma del loro sistema di controllo). O, se si vuole, la scelta della realtà – il lavoro, la produzione, la casa, la sanità – contro la cultura (l’ozio, il disimpegno, la chiacchiera).

Fascismo – Fu violento, sempre, anche negli anni del consenso – è l’aspetto che De Felice sottovaluta. I confinati furono decine di migliaia, condannati cioè senza giudizio. Le violenze contro gli oppositori centinaia. Gli assassini numerosi. Non c’è solo Matteotti, tra quelli celebri: c’era stato Gobetti, ci saranno Gramsci e i Rosselli. Molti ignoti morirono di percosse. Nella sottovalutazione del fascismo in confronto alle nefandezze ultime del nazismo, la componente violenta si trascura. O si annega, nell’antisemitismo, nella guerra, nelle fazioni di regime.

Si analizza ancora come “capitalismo avanzato”, o comunque “guardiano” del capitalismo, mentre fu un’applicazione perversa del socialismo. Di cui il capitale – non tutto, tra l’altro, specie in Germania – trovò comodo farsi scudo. Non ultimo per l’efficienza, o funzione di governo – pur in mezzo alla corruzione, ma allora efficientista. Per il fondo popolare e anzi di massa, mai realmente tradito. E per il senso dello Stato, seppure a suo modo, con la spesa sociale e in infrastrutture, e fino al controllo pubblico dei mezzi di produzione, credito e industrie.

Gesuita - Papa Bergoglio dice: “Gesuita sta nel vocabolario per ipocrita”. Vero, il vocabolario lo dice “ipocrita e di opportunistiche cautele”. Ma gesuita è più intrigante che furbo, sempre nel vocabolario – uno che sa scherzare con la propria presunta ipocrisia. Per questo Giovanni Paolo II non ne volle sapere, e li escluse  dal suo papato.

Guerra – Si “celebra” per il centenario del 1914, ma non se ne saprebbe dire l’orrore. Con dieci milioni di morti e quindici di mutilati, i gas, le trincee, le pulizie etiche (deportazioni in massa, sterminio). Anche nella parte che si può dire di resistenza, l’irredentismo italiano e slavo. Prodroma alla storia peggiore dell’Europa: sovietismo, fascismo, nazismo, la seconda ancora più orribile guerra mondiale .

Islam – Terrorismo, rapimenti, ricatti, anatemi, lapidazioni, inquisizioni, con frustate, lapidazioni e impiccagioni in piazza, guerre civili, pirateria, schiavismo, dittature ineliminabili, legislazioni civili regressive: da cinquant’anni il mondo islamico naviga senza bussola, in un mare di negatività. Dalla “guerra di liberazione” in Afghanistan. Senza un’autorità, un settore, una voce che si levi in controtendenza: non un solo paese islamico si distingue per il progresso civile e politico, nemmeno nell’economia malgrado il petrolio. Letteratura, arti, filosofia, scienza, religione, non un contributo del mondo islamico si segnala. L’unico Nobel per la fisica, Abdus Salaam, è legato al nucleare. L’aggiornameto del diritto islamico, che l’ayatollah poliglotta e cosmopolita Behestì aveva intrapreso in Iran è finito quarant’anni fa con la dinamite che l’ha fatto saltare in aria.

Nazionalismo – Per quale motivo la “più grande democrazia del mondo, un miliardo di elettori, quasi tutti poveri secondo gli standard europei o poco abbienti, vota  a destra? Per il nazionalismo. Il nazionalismo induista, contro i 180 o 200 milioni di mussulmani ancora in india. E il tradizionalismo, culturale, sociale. E per il decisionismo del leader della destra, Modì. Contro la tortuosità burocratica. Ma anche per la promessa di un forte autoritarismo – le masse vogliono essere governate.
Il nazionalismo che l’Europa vuole negare dopo averlo nutrito, e anzi creato. Da ultimo con le guerra coloniali, la mobilitazione totale e la resa senza condizioni. In nuce per i più nobili motivi: i risorgimenti, le autonomie, gli irredentismi, i primati, le missioni. Se non che il nazionalismo è l’unica ricetta politica identificabile, seppure nella nebulosa “populismo”, della stessa Europa. Nei paesi orientali e ora anche in quelli occidentali, in Spagna, in Gran Bretagna.  .
Anche il fenomeno Merkel in Germania è riconducibile al nazionalismo, seppure a basso voltaggio – senza dirlo, cioè, ma “prima la Germania”. E così lo squallido (fallimentare) gollismo senza De Gaulle di Sarkozy, che ha finito per esercitarsi contro la Grecia e contro l’Italia, ginocchioni davanti a Merkel e Obama, al G 20 di Cannes e in Libia.

Populismo – Non si può arguire che tutta la politica sia populista, eccetto il partito Democratico. È singolare, è assurdo.
Su questo stesso metro, concorrenziale, Forza Italia e 5 Stelle hanno peraltro constituencies ben più attive e operative delle sterili primarie del Pd. Che peraltro sfruttano la preminenza nei media, cioè il veicolo principale del populismo. Comuni essendo le parole d’ordine demagogiche (populiste): giovanilismo, telegenia, quote rosa, liberalizzazioni, privatizzazioni, riforme - il candidato omogeneizzato è max trentenne, donna, aggraziata, almeno fisicamente, telegenica, dizione curata, buona memoria, ligia al copione (merito, onestà, “riforme”).

S’intende la demagogia. Di parole al vento, senza progetto, senza un’organizzazione politica e un appiglio comunque con la realtà. Nel caso migliore il voto di protesta. Se non che, nel caso italiano, Bossi-Berlusconi-Di Pietro-Grillo, si segnala invece per la precisione anche linguistica. Un linguaggio delle cose, avviato da Bossi e tesaurizzato da Grillo, informato, perfino meticoloso, attento alle insorgenze sempre.
Manca in questo populismo l’ideologia  – con la possibile eccezione di Di Pietro, personaggio poco chiaro, dall’ideologia peraltro confusa? Ma solo nel senso del libro profetico, Adam Smith o Marx. Perché al contrario l’ideologia c’è, sia in Bossi sia in Grillo: il localismo e la correttezza, o verità della cose – c’è anche in Berlusconi, nel liberalismo, l’antiburocratismo, i ceti produttivi, etc., ancorché a tratti. Grillo sa sempre di che si tratta: sa investigare (andare a fondo), analizzare e giudicare, da solo, più delle migliori redazioni dei migliori giornali, incapaci o ipocrite, su ogni evento su cui l’opinione si misura. Il populismo è semmai rintracciabile nell’opinione pubblica. Nei media: approssimazione, difetto d’informazione, conformismo, pregiudizio.

Terrorismo – È ricco. Non è più un fatto di resistenza o di difesa, per quanto mal indirizzato, ma di prepotenza. E a tutti gli effetti reazionario. Ben organizzato e finanziato: armamenti, logistica, pubblicità. Dispone del meglio, pagato evidentemente a buon prezzo - lindutria del male prospera perché si fa con ricarichi enormi. Dai Talebani a Al Qaeda e Boko Haram.
È anche mussulmano per lo stesso motivo: perché può disporre di ricchezze non sudate.

astolfo@antiit.eu

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