Una narrazione monumentale che alla rilettura è un apologo,
una serie di apologhi, sulla guerra. La Grande Guerra che ha mutilato la
civiltà (l’Europa), la tradizione, il progresso. Cioè l’idea e il fondo del
progresso: il risparmio oculato, degli averi e di sé, l’accumulazione, il
riserbo. Senza molto del nuovo, a parte la psicoanalisi, di scuola. Non brillante
e anzi faticosa, nonostante l’ironia thomasmanniana, cattiva (le signore e
signorine nei loro vezzi, il mal d’amore, il gesuita massone..).
La nuova traduzione di Renata Colorni sarà accurata ma non
l’allevia. La curatela di Luca Crescenzi, inventore della nuova titolazione,
già autore di un “Melancolia occidentale. La montagna magica di Thomas Mann”, ingolosisce, ma non più del
pettegolezzo. Una riedizione preziosa che un quesito pone: si rilegge Kafka perché è con noi, e Thomas Mann
perché è tedesco? Un “breve racconto facile e umoristico” voleva fare, ma non
sa impedirsi di essere forbito.
Thomas Mann, La
montagna magica, I Meridiani, pp. CLVIII + 1422, ril. € 60
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