“L’Italia
era “paragone della virtù di bilancio” a inizio 2011, a giudizio dell’Ocse. Che
nel 2007-2010 ne rilevava un deficit di bilancio più basso rispetto agli altri
paesi industriali. E migliorato nel quadriennio di 0,2 punti, dal-l’1,3 all’1,1
del pil, una volta “corretto dagli effetti del ciclo” (cioè dall’aumento dei
tassi), rispetto agli Usa (- 4,9), all’Eurozona (- 1,9) e al Giappone (- 1,4).
“Il
debito in realtà non condiziona le economie: il Paese che più s’è indebitato
nella crisi è quello che ne esce meglio, gli Usa, seguiti dalla Gran Bretagna,
entrambi con la politica generosa, benché accorta, di quantitative easing. Il governo italiano aveva scelto la prudenza
per non suscitare sospetti nei mercati. Ma ogni virtù fu inutile di fronte
all’agguato tedesco. Con le vendite della Deutsche Bank, il blocco delle
istituzioni europee, Bce e Consiglio, le periodiche dichiarazioni ostili del
presidente della Bundesbank e del ministro del Tesoro. Col sostegno di
un’opinione ben oleata dalla stessa Germania, soprattutto i giornali, e poi con
la crisi politica che portò al governo succube di Monti. La contabilità non
conta, la verità ha sempre un padrone. La cosa è documentabile” (“Gentile
Germania”, pp. 101-102).
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