Prima e dopo le 13, a via Morosini
angolo con viale Trastevere, il 75 può tardare anche di un’ora. Il 44, mezzo alternativo
per un certo percorso, ritarda anch’esso, di venti, trenta e quaranta minuti. Ogni
giorno è così, ma nessuno si agita: votiamo a sinistra, amministriamo il Comune
e la Circoscrizione, e quindi non ci lamentiamo.
Alle 13.30 il 75 – o il 44 - infine
passa, ma è già pieno dei ragazzi delle scuole. Ogni giorno.
In farmacia ogni cliente allunga la
fila, peggio che al supermercato. Si comprano fino a venti medicinali diversi –
conteggio reale. Servono? Sembra impossibile.
Dal medico di base la metà delle
telefonate è di gente che vuole sapere gli orari di ricevimento. Che sono gli
stessi da vent’anni. Cinque anni fa il dottore ha fatto stampare e distribuire dei
biglietti con gli orari, ma non è servito.
Dal medico di base, dove si va
soprattutto per le ricette, una signora vuole passare per prima. Assolutamente.
È giovane o giovanile, ma insiste ripetendo “c’ho altro da fare”. Non la lasciano
passare ma non desiste. Ferma tutta l’attività, ma non desiste. Venti minuti
buoni si perdono nel traccheggio, senza l’impaccio la coda sarebbe da tempo
esaurita, ma lei può uscire con la sua impegnativa trionfante, lasciando mortificate
per la giornata quattro o cinque persone.
Sono donne anche la persone pazienti
in attesa del 75 che non passa, la cliente delle venti specialità, gli assistiti
che non ricordano gli orari del medico. Senza colpa, in molti posti succede di
aver a che fare solo con donne: in farmacia, al supermercato, alla scuola, alla
posta – alla posta i due maschi li hanno messi in un canto, alle raccomandate.
La donna dell’impegnativa si
ritrova al caffè sotto lo studio medico. Ha finito il cappuccino ma s’intrattiene
amabile con i serventi. Finché altri clienti non li richiamano, e solo allora
lei rimuove l’auto in doppia fila, incurante delle proteste del fattorino che
era rimasto ingabbiato – molto forti per la verità.
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