lunedì 5 maggio 2014

Matriarcato

Prima e dopo le 13, a via Morosini angolo con viale Trastevere, il 75 può tardare anche di un’ora. Il 44, mezzo alternativo per un certo percorso, ritarda anch’esso, di venti, trenta e quaranta minuti. Ogni giorno è così, ma nessuno si agita: votiamo a sinistra, amministriamo il Comune e la Circoscrizione, e quindi non ci lamentiamo.
Alle 13.30 il 75 – o il 44 - infine passa, ma è già pieno dei ragazzi delle scuole. Ogni giorno.
In farmacia ogni cliente allunga la fila, peggio che al supermercato. Si comprano fino a venti medicinali diversi – conteggio reale. Servono? Sembra impossibile.
Dal medico di base la metà delle telefonate è di gente che vuole sapere gli orari di ricevimento. Che sono gli stessi da vent’anni. Cinque anni fa il dottore ha fatto stampare e distribuire dei biglietti  con gli orari, ma non è servito.
Dal medico di base, dove si va soprattutto per le ricette, una signora vuole passare per prima. Assolutamente. È giovane o giovanile, ma insiste ripetendo “c’ho altro da fare”. Non la lasciano passare ma non desiste. Ferma tutta l’attività, ma non desiste. Venti minuti buoni si perdono nel traccheggio, senza l’impaccio la coda sarebbe da tempo esaurita, ma lei può uscire con la sua impegnativa trionfante, lasciando mortificate per la giornata quattro o cinque persone.
Sono donne anche la persone pazienti in attesa del 75 che non passa, la cliente delle venti specialità, gli assistiti che non ricordano gli orari del medico. Senza colpa, in molti posti succede di aver a che fare solo con donne: in farmacia, al supermercato, alla scuola, alla posta – alla posta i due maschi li hanno messi in un canto, alle raccomandate.
La donna dell’impegnativa si ritrova al caffè sotto lo studio medico. Ha finito il cappuccino ma s’intrattiene amabile con i serventi. Finché altri clienti non li richiamano, e solo allora lei rimuove l’auto in doppia fila, incurante delle proteste del fattorino che era rimasto ingabbiato – molto forti per la verità.

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